In mostra alla Pinacoteca la Crocifissione del Nuzi
Sottratta all’incuria del tempo dal meticoloso lavoro di restauro di Lucia Biondi, la Crocifissione – finita per ventura nel convento orsoliniano di Friburgo durante il XIX secolo, come dote recata da una novizia – torna nuovamente alla sua dimora spirituale nella terra natia dell’Allegretto, sebbene solo momentaneamente, fino al 16 ottobre. Presentato lo scorso 3 settembre dalla direttrice della Pinacoteca di Fabriano, Dott.ssa Francesca Mannucci, questo polittico esaminato per la prima volta nell’ottobre del 2021 durante la mostra Oro e colore nel cuore dell’Appennino. Allegretto Nuzi e il ‘300 a Fabriano si è rivelato unico fin dai primi momenti: «Siamo rimasti immediatamente colpiti dalla qualità e dallo stato di conservazione della pittura – commenta Lucia Biondi – nonostante fossero mortificati da uno spesso strato di materiali scuri ed opachi, sicuramente legati alle vicende conservative».
Un’opera del tutto sorprendente, non soltanto per qualità ma anche per il recente ritrovamento dei suoi pannelli laterali, attribuiti ad un proseguo della tavola centrale. Raffiguranti Sant’Agnese ed una Santa Martire sconosciuta, i pannelli erano stati illecitamente sottratti e nascosti in una proprietà privata in Veneto. Ricondotti a Fabriano, possono essere finalmente esposti, per la prima volta, insieme alla tavola centrale. Grazie allo studio di Matteo Mazzalupi si ritiene inoltre che l’opera, ora ricostruita come un trittico, nasca più probabilmente come un pentittico di piccole dimensioni, come indicato dai cavicchi di divisione posti dietro le tavole laterali, i quali combaciano con il pannello centrale ed allo stesso tempo protendono verso le estremità del trittico, lasciando dedurre la presenza di tavole aggiuntive.
Il restauro, finanziato dalle suore orsoline del convento, ha restituito lustro agli azzurri ed i rossi aranciati originari tipici dell’Allegretto, come anche al magnifico oro di fondo, preservato dalla stessa patina che ha protetto nel tempo anche la pittura originale, completamente illesa dal processo di pulitura e restauro. Vivace sperimentatore, l’Allegretto ha combinato in quest’opera le tradizioni delle scuole fiorentine e senesi, protagoniste nella sua formazione artistica, i cui caratteri vengono specialmente esaltati nella composizione della tavola centrale, rendendola a tutti gli effetti un unicum all’interno della sua produzione. Proprio sulla base di tali peculiarità artistiche si rese possibile una sicura attribuzione di tale opera all’Allegretto, nata sulle affinità stilistiche ed iconografiche con il dittico di Berlino, ed accertata da Gaudenz Freuler nel 1991.
Nel confrontare le due opere, la componente emotiva del tutto secondaria nel dittico berlinese, raggiunge una drammaticità più sentimentale nella Crocifissione di Friburgo, amplificata dalla posa di una Maria contrita per il dolore, le braccia alzate verso il Cristo, mentre un centurione coinvolge ulteriormente lo spettatore, ammonendolo con lo sguardo ed invitando alla riflessione sul sacrificio della crocifissione. Sulla destra, un San Giovanni caratterizzato invece da un commiato composto, statico ed introspettivo, ben più affine ai tratti dell’opera autografa berlinese. In cima alla croce, l’elemento del pellicano che squarcia il suo petto per nutrire la sua prole riprende la tipica simbologia cristologica del sacrificio di chi, come il Cristo, dona sé stesso per salvare i propri figli, in un’immagine di influenza prettamente giottesca.
Il blu intenso dell’azzurrite – e non del lapislazzulo, vicino alle opere di Giotto – converge sulla paternità dell’Allegretto come anche i caratteristici punzoni delle aureole. L’impostazione della scuola senese, marcatamente più decorativa, eleva alcuni dettagli del polittico ad un opera di vera oreficeria, come è possibile osservare nelle frange delle vesti e nelle aureole.
Opera giovanile di metà ‘300, la Crocifissione esprime l’interpretazione e la rielaborazione artistica di un Allegretto a contatto con i lavori dei maestri umbri dai quali attinge, unendone lo stile a quello delle scuole fiorentine e senesi della sua formazione.
Per quanto breve, la sosta di questo capolavoro nei saloni della nostra Pinacoteca lascia ispirati su ulteriori rivelazioni circa l’originaria natura di quest’opera, dall’eventuale presenza di ulteriori tavole laterali, fino ad una possibile indagine di restauro volta a svelare il mistero dietro l’identità della Santa Martire che, come il polittico stesso, sembra pronta a svelarsi ulteriormente per regalarci nuove confessioni su sé stessa e sul suo autore.