COSTANTE TIBERI. Un Uomo. Un Maestro. Un giornale: «Il Pensiero Cittadino»
di GIANCARLO CASTAGNARI
Il senso dell’importanza che aveva la presenza di un uomo nel contesto della vita comunitaria si fa più vivo immediatamente dopo la sua scomparsa. E’ con questa frase lapidaria che inizia il necrologio scritto da Renzo Armezzani (1919-1994), preside del Liceo Classico “Francesco Stelluti” di Fabriano, per ricordare Costante Tiberi1 .
Costante, nato a Fabriano il 24 febbraio 1926, era cresciuto insieme alle due sorelle in un ambiente familiare ricco di tradizioni. Il padre Ubaldo gestiva un forno a legna. Il giovane crebbe vivace e pieno di entusiasmi. Poi la guerra e il passaggio del fronte. Appena diciottenne con spirito garibaldino si offrì come guida alle truppe alleate issandosi su un’autoblinda inglese che percorreva la polverosa strada nei pressi di Colleponi, frazione del Comune di Fabriano. Lo ricorda così il prof, Ruggero Micheletti (1918-2003) in un articolo pubblicato per il decennale della morte2 . Poi la liberazione nel luglio 1944 e la gioia di godere in pace la riconquistata libertà e l’inizio della ricostruzione. Ma per Costante iniziò il periodo duro e sofferto della sua vita che lo temprò e lo rese un uomo forte e generoso. Perse il padre e a 19 anni si ritrovò sulle spalle il peso e la responsabilità della famiglia da mantenere, non si perse d’animo e si accollò la gestione del forno paterno, affrontando la fatica con entusiasmo giovanile e riuscendo così a dare il necessario modesto sostentamento ai propri cari. Sfumarono però i sogni giovanili. La sua vocazione di intraprendere gli studi presso l’Istituto Nautico di Ancona per divenire capitano di lungo corso e andare per mare purtroppo non trovò modo di essere assecondata e quindi ripiegò per altra scuola e conseguì il diploma magistrale come privatista, fu uno studente lavoratore che riuscì ad ottenere il suo titolo di studio con grande sacrificio ed eccezionale forza di volontà e quindi divenire, dopo un lungo periodo di supplentato lontano dalla sua città, maestro di ruolo a Fabriano presso la scuola elementare Allegretto di Nuzio.
La raggiunta stabile posizione di insegnante gli diede la possibilità di sposarsi con Rinalda Zanchetti e di dedicarsi alla scuola con la passione e la competenza che lo contraddistinsero. Sono i suoi stessi colleghi che lo confermano ricordandolo in un articolo pubblicato nel periodico «Il Pensiero Cittadino»: Costante era un maestro che esercitava la sua professione con partecipazione profonda. Con amore, con la consapevolezza più piena della responsabilità che essa comporta. E per questo era sempre attivo, attento ai progressi delle scienze pedagogiche, pronto e recepire le innovazioni di carattere metodologico e didattico. Per questo aveva accettato due anni fa [1972], dal suo direttore scolastico, la proposta di impegnarsi nell’esperimento di scuola “a tempo pieno” che ha portato avanti con slancio e convinzione”3 .
Quado Costante mi parlava del suo lavoro di insegnante mi confidava che non voleva i suoi alunni, che amava come un padre, imbottiti di nozioni da ripetere pappagallescamente, ma dotati di spirito critico, capaci di ragionare autonomamente, di porsi i perché e di trovare le risposte per conquistare il sapere. Le parole che scrissero i suoi alunni per esprimere il dolore provato per la morte del loro maestro dimostrano quanto profondo fosse l’affetto per il loro maestro. I suoi ragazzi infatti erano svegli, informati e formati, un po’ scanzonati, desiderosi di sapere, amanti della discussione. E’ questo il giudizio espresso da don Tonino Lasconi, allora insegnante i religione presso la scuola elementare “Allegretto di Nuzio”.
Alla sua professione di insegnante, esercitata sempre con scrupolo, competenza e umanità, Costante Tiberi univa la passione per la politica, intesa come partecipazione alla vita pubblica e come strumento per alimentare il senso civico e costruire una società libera e democratica, formata di cittadini consci dei propri doveri e dei propri diritti. Giovanissimo aveva aderito al Partito Repubblicano Italiano. Io lo conobbi nel 1946 frequentando la Sezione di quel partito ubicata a Fabriano in via Corridoni. Allora era leader dei repubblicani fabrianesi il mazziniano Giuseppe Tacconi (1889-1961), principale artefice della ricostituzione della sezione del PRI.
Durante la campagna per il referendum ci frequentammo e avemmo modo di stringere una vera amicizia che si rafforzò quando nel 1951 entrò a far parte del direttivo della sezione, della quale ero divenuto segretario politico per volontà degli amici repubblicani guidati da Tacconi. Costante aveva 25 anni, io 22, Fu così che ebbi modo di apprezzare la sua fedeltà ai nostri comuni ideali. Egli credeva che la vita è missione da compiere con la partecipazione operante nella società per l’affermazione della verità e della giustizia e per l’edificazione, nella liberà, di un mondo migliore, Fu sempre coerente a tali principi sia come politico militante, sia come cosciente cittadino nelle varie attività sociali, altruista, combattivo, coraggioso, sempre generoso. La sua attività politica – dal 1951 alla sua morte secondo il profilo tracciato da Renzo Armezzani – è stata sempre una forma di altruismo, un modo di realizzarsi uomo morale nell’impegno civico intelligente e consapevole; un modo di fare politica che va ricordato ed imitato e che esige coraggio. Il coraggio – prosegue Armezzani – Tiberi l’aveva e l’ha dimostrato tante volte; una certa irruenza nelle sue azioni dipendeva dalla completa indifferenza per le conseguenze che ne potevano scaturire sul piano individuale e dalla convinzione salda che agiva in funzione di un bene comunitario; questa convinzione e la sicurezza che gli proveniva dalla fedeltà alle idee e alla coscienza lo portavano, qualche volta, a trascurare la prudenza che caratterizza certi politici, attenti più a loro stessi che ai problemi affrontati […] Sono convinto – afferma Armezzani – che il proposito di contribuire alla elevazione materiale e culturale della cittadinanza – proposito educativo quindi – abbia spinto Tiberi a fondare con altri «Il Pensiero Cittadino», cui seppe dare un orientamento politico preciso e tuttavia aperto a tutte le idee criticamente valide e proposte con sincerità; tale apertura documenta non solo onestà ed esigenza di collaborazione ma anche possesso di autentica cultura; essere colti infatti vuol dire soprattutto apprezzare e rispettare anche le idee diverse dalle proprie4 .
Quella cultura Costante l’aveva acquisita assimilando il pensiero mazziniano, ma anche approfondendo la conoscenza dei classici della scuola democratica e repubblicana, da Carlo Cattaneo a Giovani Bovio, Aurelio Saffi, Maurizio Quadrio, Alberto Mario, Arcangelo Ghisleri, Giovanni Conti, Oliviero Zuccarini, interpretando le teorie sul socialismo mazziniano introdotte da Giulio Andrea Belloni e gli scritti di Gaetano Salvemini, dei fratelli Rosselli, di Piero Calamandrei, Carlo Arturo Jemolo. Ricordo che ci dilettavamo in interminabili discussioni notturne sui due filoni di pensiero che si delineano nel movimento repubblicano post-unitario. Il primo, di stretta ispirazione mazziniana, fece capo a Edoardo Pantano e Antonio Fratti, i quali, con i fratelli Ernesto e Giuseppe Nathan e Giuseppe Giordano, formarono il gruppo del giornale il «Dovere», organo del repubblicanesimo italiano. Il secondo, con Alberto Mario, Arcangelo Ghisleri e la “Rivista repubblicana”, organo degli evoluzionisti milanesi, riuniva i fautori dei principi democratici e della tesi federalista di Carlo Cattaneo. E’ da questa ultima struttura di pensiero impregnata di realismo e di concretezza carica di idealità, intravedevamo la derivazione dei principi correttivi al misticismo dei mazziniani intransigenti e quindi, in epoca più tarda, l’innesto del positivismo di Cattaneo nel patrimonio culturale del Partito Repubblicano Italiano.
Costante guardava anche con simpatia il movimento libertario e anarchico di Errico Malatesta e del fabrianese Luigi Fabbri (1877-1935) forse rievocando la storica frase di Giovanni Bovio: Anarchico è il pensiero e verso l’anarchia va la storia. Di Fabbri infatti volle celebrare il novantesimo anniversario della nascita (1887-1967) dedicandogli due pagine del periodico «Il Pensiero Cittadino»5 . Vi collaborarono Luigi Bennani (1884-1978), con una interessante testimonianza, Enzo Presentazi con un articolo intitolato L’anarchia tra mito e realtà e Luce Fabbri (1908-2000), figlia di Luigi Fabbri, con la quale Costante era riuscito ad avere contatti epistolari, dopo averla rintracciata a Montevideo dove insegnava letteratura italiana nell’Università degli Studi della capitale uruguayana.
Costante aveva un alto senso della laicità della vita o meglio delle laicità dell’esistere, lo capiva da quel volere costruire la propria vita pienamente con il pensiero e con l’azione, proteso come era nel perseguire un miglioramento incessante di se stesso e degli altri. Era l’Uomo che non si ferma o si adatta al presente, perché si sente impegnato per l’avvenire e in esso si proietta con tutte le sue forze e con tutte le sue risorse. Con il suo spirito critico intendeva partecipare, dando il contributo tangibile della sua opera, al grande movimento irreversibile dell’Umanità.
E’ intuibile che quel suo concetto di laicità si connette con la cultura, intesa come conoscenza o scienza che produce i mezzi per agire e che si collega anche
alla collaborazione tra esseri umani rispettosi della propria e dell’altrui personalità; alla fraternità degli uomini liberi, alla democrazia, non nel senso di governo ispirato a un credo politico, ma come ideale che abbraccia gli aspetti dell’esistenza civile. Infine si intravede che il suo concetto di laicità è indissolubile dal concetto di libertà, che è anche libera scelta del molteplice nell’unità della natura umana.
Parlare di Costante Tiberi significa anche ricordare il suo capolavoro: «Il Pensiero Cittadino», periodico di politica economia cultura, uscito con la distribuzione del primo numero nell’aprile 1965.
L’idea ebbe una lunga gestazione che ci impegnò per un anno. I continui confronti e i commenti sulla condizione socio-economica e culturale di Fabriano rafforzavano in noi la convinzione che bisognava uscire dal provincialismo e da una politica locale ancorata al continuo scontro, sulla realtà amministrativa comunale, fra maggioranza democristiana e opposizione comunista. Il Partito Repubblicano fabrianese alle ultime elezioni comunali aveva perso il suo unico rappresentante nel Consiglio Comunale e quindi pur volendo non aveva modo di incidere, come avrebbe voluto, nella vita politica e portare un valido contributo ai molti problemi cittadini, sebbene si era battuto per affermare anche a Fabriano il centro-sinistra, messo in quarantena da una Democrazia Cristiana ancorata al bicolore con la socialdemocrazia. La situazione socio-economica era critica e preoccupante anche per le industrie locali. Fiorentini, nonostante le vibranti agitazioni sindacali e l’occupazione della fabbrica concordate con i Parlamentari marchigiani, il 16 dicembre 1964 decise di chiudere lo stabilimento di Fabriano: il Maglio. Un anno dopo i suoi 200 dipendenti, scaduta la cassa integrazione, vennero licenziati. Scomparve così una forza operaia che era stata il punto di forza della sinistra fabrianese. Anche per le Cartiere Miliani si delineò un avvenire incerto che provocò le permanenti vertenze sindacali dei dipendenti. Frattanto sviluppava l’importante polo industriale legato al nome di Aristide Merloni (1897-1970), che nel 1960 aveva inaugurato il marchio “Ariston” e avviato gli stabilimenti di Pianello presso Genga nel 1964 e quello in località Santa Maria nel 1965. Nel distretto industriale fabrianese iniziò così l’era del “metal-mezzadro” e dell’agricoltore-operaio.
La crisi economica di Fabriano e del suo comprensorio si presentava complessa perché vi sommavano l’evidente regresso delle Marche nella scala dei valori nazionali e il depauperamento della zona montana che si estendeva lungo la sinclinale camertina da Sassoferrato a Fabriano, Matelica, Camerino inglobando alcuni Comuni dell’entroterra appartenenti alle province di Pesaro, Ancona e Macerata: il cosiddetto comprensorio fabrianese. Gli evidenti squilibri settoriali imponevano una politica di trasformazione e di sviluppo dell’intera area nel quadro di un programma regionale di sviluppo secondo gli indirizzi nazionali di politica economica.
Si avvertiva il bisogno di rendere il più ampio e continuo possibile il rapporto tra la società civile e l’ente locale mediante un organo di stampa che potesse essere interprete dei disagi e delle aspirazioni della stragrande maggioranza della popolazione che si riconosceva in una democrazia comunale di cui la civica amministrazione diveniva la diretta interprete degli interessi di tutti i cittadini.
Questa aspirazione a disporre di un periodico per portare avanti quegli intendimenti era in gran parte alimentata dalla lettura del periodico «Il Mondo» di Mario Pannunzio (1910-1968) di cui Costante ed io eravamo attenti lettori. Un prestigioso periodico pubblicato dal 1949, anno della sua fondazione. Il direttore-fondatore Pannunzio6 , del quale nel 2010 si è celebrato il centenario della nascita presso la Camera dei Deputati, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, è ricordato per aver sostenuto, con tutta la forza della sua raffinata e vivace cultura e del suo ingegno giornalistico, l’affermazione di una terza forza laica e riformista, riuscendo a coagulare intorno al suo periodico le intelligenze più lucide e moralmente impegnate del mondo laico liberal democratico, da Benedetto Croce a Luigi Einaudi, da Gaetano Salvemini a Ernesto Rossi, da Eugenio Scalfari a Leo Valiani, da Ugo La Malfa a Giuseppe Saragat, da Giovanni Spadolini a Rosario Romeo, Giuseppe Galasso, Renzo De Felice, Mario Soldati, Vitaliano Brancati, Ignazio Silone, Ennio Flaiano, Antonio Cederna e ancora altri che si potrebbero aggiungere a questa schiera di politici, di giornalisti, storici, filosofi, letterati che andarono a formare – come scrisse lo scrittore e commediografo Giovanni Russo (1925-2017) – l’unico vero grande circolo di idee, di vita politica e letteraria che abbia avuto l’Italia in quegli anni ! Un modello di riferimento che a noi della provincia ha aperto uno squarcio nel mondo della politica e della cultura in senso lato. Un giornalismo di opinione impegnato e capace di sviluppare la coscienza critica del Paese e creare quello spirito di partecipazione che fortifica la democrazia.
Forse in un eccesso di ottimismo e di entusiasmo pretendevamo di imitare in chiave fabrianese quel modello o quanto meno di tenerlo presente nell’ambizioso progetto di pubblicare un foglio locale che potesse portare una parola nuova e idee originali al dibattito politico e culturale locale e trovare nei concittadini, che volevano partecipare ad un’iniziativa del genere, i più validi e preziosi collaboratori e sostenitori.
Costante Tiberi voleva creare un periodico che occupasse uno spazio fra i giornali locali «L’Azione» e «il Progresso». Un organo di stampa che divenisse espressione di un pensiero libero, autonomo, portatore degli ideali di giustizia e libertà. Una convinzione la sua che non aveva nulla di retorico, ma che nasceva dalla volontà di concordare il pensiero all’azione. Si mise all’opera nei mesi di febbraio e marzo 1965. Dopo uno scambio di idee concordammo di intitolare il giornale «Il Pensiero Cittadino» al quale volle aggiungere il sottotitolo: Periodico politico economico culturale. Lo convinsi – e non fu facile – ad assumere la direzione del nuovo nato, del resto come corrispondente locale del quotidiano «Il Resto del Carlino» aveva già una certa esperienza giornalistica. La testata a caratteri neri su fondo verde fu ideata e incisa da Roberto Moschini e poi per motivi tipografici fu cambiata nel 1968 con una nuova testata ideata dal grafico Michele Spera, sottotitolo: Politica Economia Cultura. Costante trovò anche il modo di coinvolgere nell’impresa un gruppo di amici disposti a tassarsi per fare uscire ogni mese i primi numeri del periodico. Riuscì a convincere Guido Monina (1929-1998), direttore dello storico periodico “Lucifero”, ad assumere la direzione responsabile. L’otto marzo 1965 ottenne l’indispensabile autorizzazione dal Tribunale di Ancona e per la spedizione si preoccupò di fare l’abbonamento postale. Il titolo rievoca lo storico «Il Pensiero Cittadino» periodico settimanale di vita fabrianese, uscito nel 1921 e costretto a cessare la pubblicazione nel 1922 a causa delle minacce e delle violenze dell’insorgente squadrismo fascista e del soffocante controllo della censura7 .
I primi del mese di aprile 1965, preannunciato da un vistoso manifesto formato elefante, finalmente uscì «Il Pensiero Cittadino» ideato da Costante. Con i tipografi della tipografia “Gentile” di Fabriano si instaurò un proficuo rapporto di collaborazione e di amicizia, destinato a durare ininterrottamente per quindici anni. Nel primo numero in prima pagina con il titolo Libera Voce apparì la presentazione, che ebbe il tono di un proclama, con questa premessa: Il dar vita ad un periodico non rappresenta certamente facile impresa e nessuno più di noi sa quali e quante difficoltà – non ultima le ristrettezze finanziarie – siano state affrontate per realizzarlo. Questa libera voce nasce infatti dal sacrificio di un piccolo gruppo di cittadini i quali si ispirano ai principi etico-politici della scuola laica, democratica, repubblicana. C’è un brano che annuncia l’identità del direttore e dei redattori che recita così: Non legati ad alcun gruppo di potere, contrari a qualsiasi forma di conformismo, immuni da pregiudizi confessionali, nemici del settarismo e alieni dalla critica astiosa elevato a sistema, da uomini liberi e con spirito democratico, senza animosità e preconcetti, ci poniamo al servizio della verità e della giustizia, con umiltà e dedizione. Ci proponiamo di assolvere con serietà di impegno un dovere civico, recando un contributo, sia pure modesto, ma vivo e sentito, di dee a tutti quei numerosi problemi economici e sociali che angustiano la vita della nostra città e dei limitrofi Comuni della zona montana, auspicando quelle soluzioni che più si adegueranno agli interessi ed alle attese delle popolazioni. Proprio per questo fine, opereremo per creare un sempre più vasto movimento popolare di partecipazione attiva e diretta alla vita pubblica, che non può essere prerogativa dei forti raggruppamenti politici al potere e all’opposizione. Siamo convinti che ancora sono molti coloro che condividono i nostri stessi principi e ad essi rivolgiamo l’appello di unirsi a noi in questa azione responsabile e costruttiva che mira a raggiungere un tipo di società più giusta e più pulita. E delle aspirazioni di questo uomini vogliamo essere i più fedeli interpreti, perché in essi riconosciamo la parte più viva e più sana del nostro Popolo che, come noi, anela ad una convivenza umanain cui il progresso morale e civile e la giustizia sociale nella libertà non siano una lontana aspirazione.
Il testo di questa presentazione lo preparò Costante, ma prima di darlo volle discuterne. Ci passammo una nottata a ragionarci sopra. Passammo poi un paio di notti – si lavorava per il giornale soltanto di notte perché durante il giorno ognuno aveva il proprio lavoro a cui pensare – per creare un indirizzario e quindi preparare la spedizione ai primi mille destinatari pari alle mille copie della prima tiratura, che poi passarono a 1.500 e infine a circa 2.500. Costante era convinto che gli abbonati erano la forza del periodico e che si doveva iniziare subito un’intensa “campagna abbonamenti” che diede ottimi risultati.
L’uscita del primo numero lo rese felice, ma parzialmente soddisfatto. Bisognava migliorare la veste tipografica, fare attenzione all’impaginazione ossia all’architettura delle singole pagine, essere più incisivi nei titoli, più rigorosi nella correzione delle bozze. Divenne scrupoloso e così esigente con se stesso, con i collaboratori e quindi con i tipografi con i quali aveva spesso dei concitati battibecchi che finivano sempre con un cordiale e rassicurante accordo e con la risoluzione dei problemi tecnici.
A cominciare dal primo numero l’attenzione venne rivolta al Piano Regolatore Generale e al futuro assetto urbanistico di Fabriano prefigurato dall’architetto Paolo Castelli come città-territorio, polo centrale della sinclinale camertina, ossia di quell’ampia vallata che si estende dolcemente fra i due contrafforti dell’Appenino delle Marche centrali al confine con l’Umbria. Venne fatto notare che l’impostazione del PGR concordava con gli indirizzi programmatici per la soluzione dei problemi e delle prospettive dell’economia fabrianese e con il quadro geo-economico e sociale indicati in uno studio presentato dal Partito Repubblicano fabrianese nell’autunno del 1963 e integralmente riportato nell’aprile 1965 da «Il Pensiero Cittadino»8 .
Si voleva così far notare l’errore di metodo commesso dall’Amministrazione Comunale che andava ad adottare un PGR valido e avveniristico mettendo “il carro ai buoi” per il semplice motivo che se si programmava di trasformare Fabriano in “città territorio, si sarebbe dovuto prima verificare se i problemi urbanistici locali coincidevano con quelli dell’intero comprensorio ed eventualmente arrivare a un’intesa e a un’unità di intenti con i Comuni dell’Alta Valle dell’Esino.
Questa attenzione per i complessi problemi urbanistici, per l’assetto territoriale, per la tutela dell’ambiente diverrà il leit motiv del periodico e gli argomenti prediletti di Costante Tiberi, che dimostrò di avere una competenza in materia davvero singolare, una conoscenza della legislazione vigente di tutto rispetto e una cultura specifica che gli fu preziosa quando andò a dibatterli in Consiglio Comunale, dopo la sua elezione a Consigliere nel 1970.
A cominciare dal primo numero il periodico manifestò solidarietà ai lavoratori del Maglio e delle Cartiere Miliani in agitazione per ottenere il rispetto dei loro diritti con un articolo che espone in tutta evidenza l’odissea dei dipendenti della “Fiorentini” e la situazione critica in cui versavano le maestranze cartarie di Fabriano, Pioraco e Castelraimondo. Vennero anche affrontati la questione relativa all’istituzione del Tribunale a Fabriano e il problema della costruzione del nuovo palazzo di giustizia.
Dopo un periodo di rodaggio si cominciò a perfezionare l’organizzazione del periodico e i compiti dei vari collaboratori. Nel maggio Costante riuscì a trovare un locale in via Gentile per dare una sede alla redazione in modo da avere anche la possibilità di ricevere visite ed organizzare eventuali incontri con quanti volevano prospettare problemi e trattare argomenti di interesse cittadino. Si iniziò a pubblicare le prime inserzioni pubblicitarie che andarono progressivamente ad aumentare e divennero con i molti abbonati sostenitori le principali risorse finanziarie indispensabili per mantenere in vita un organo di stampa completamente autonomo e non condizionabile.
Quando nel maggio 1968 il direttore pensò di fare il punto della situazione ebbe la soddisfazione di constatare che nel giro di tre anni il periodico aveva potuto contare su 43 collaboratori, ossia erano stati pubblicati 43 articoli firmati. Risultano pubblicati articoli firmati da Ugo La Malfa, Luce Fabbri, Gaio Fratini, collaboratore della «Fiera Letteraria», Lia Giudice esperta nazionale dei problemi del lavoro, Raoul Lunardi giornalista del periodico «Il Mondo», Giuseppe Tramarollo, presidente nazionale dell’Associazione Mazziniana Italiana. Fra i fabrianesi risultano presenti i nomi dell’avv. Luigi Bennani, che a volte si firma con lo pseudonimo Picchio Calvo, del prof. Renzo Armezzani, del pittore Guelfo Bianchini, dei maestri Venanzio Brunetti, Carlo Canavari, Danilo Moschini, del prof. Corrado Cavina, primario chirurgo dell’Ospedale di Fabriano, dei professori Ruggero Micheletti, Mario Rossini, dell’illustre e famoso storico prof. Romualdo Sassi (1878-1969). Quaranta articoli sono firmati da Costante Tiberi che non si occupa soltanto di politica e urbanistica, ma sviluppa argomenti di economia, di turismo, di ambiente, scrive recensioni di libri, commenta avvenimenti storici. Non mancano le note polemiche con gli amici del settimanale «L’Azione». Vibrante la risposta all’articolo del prof. Aldo Crialesi (1935-1979), vice direttore del settimanale “L’Azione”, che firma i suoi articoli con lo pseudonimo Acri, sulle vicende della rivista fiorentina «Testimonianze», espressione del gruppo di avanguardia stretto intorno al direttore padre Ernesto Balducci (1922-1992), uno dei più autorevoli scrittori cattolici, in odore di neo-modernismo, di cui Costante dichiarò di condividere il pensiero e l’azione9 .
A quella prestigiosa rivista fondata nel 1958 la Curia Vescovile di Firenze aveva revocato l’Imprimatur, non certo per concedere maggiore libertà di espressione. In realtà la Chiesa ufficiale non ha mai avallato il neo-modernismo.
La versatilità di Costante Tiberi si riscontra in tutta la sua opera di direttore che è proseguita ininterrottamente fin al febbraio 1974, quando il male gli impose il ricovero in Ospedale. Costante aveva anche la capacità di trovare i collaboratori e di suggerire l’argomento all’uomo giusto. Conquistò la simpatia e la firma di Luigi Bennani, per la storia dell’arte ottenne la collaborazione di Giampiero Donnini e di Guelfo Bianchini, per le tradizioni, il folklore e l’attualità si servi degli scritti di Domenico Ferretti, Vincenzo Fida, per lo sport si avvalse della competenza di Giancarlo Teatini. Pubblicò gli scritti di don Tonino Lasconi che fecero scalpore e segnarono un successo per il giornale. Per quanto mi riguarda, riuscì a farmi scrivere una settantina di articoli, la maggior parte dei quali riguardano i problemi socio-economici delle zone montane depresse delle Marche centrali.
Nel giro di otto anni dal 1965 al 1973 il giornale poté contare su un centinaio di collaboratori che permisero di allargare la diffusione del periodico anche fuori i confini di Fabriano, creando il “Quadrante” di Sassoferrato, animato da Giannetto Lunardi sindaco di quel Comune. Il “Quadrante” di Matelica venne attivato per volontà di alcuni amici repubblicani. A volte intervenne anche Ferruccio Pandolfi Sindaco di Serrasanquirico. Dal 1968 al 1974, nella nuova sede di Piazza Garibaldi n. 69, si potenziò la redazione e si acquisirono nuove collaborazioni. Significativi gli articoli firmati dal prof. Arturo Maugini presidente dell’Ente di Sviluppo delle Marche, dagli avvocati Renato Mennò e Renzo Passari, dal prof. Renzo Paci dell’Università degli Studi di Macerata, da Arnaldo Ciani, docente universitario ex comandante partigiano nel 1944, dal prof. Ivo Quagliarini socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche, dall’avv. Bruno Flamini di Matelica, dalla poetessa Anna Malfaiera. Originali le critiche teatrali della prof.ssa Anna Papa di Sassoferrato, che nel settembre 1969 illustrava il dramma esistenziale nelle ballate di Fabrizio de Andrè. Di notevole pregio l’assidua collaborazione di Nora Lipparoni (1940-2019) che si occupò, con la sua originale incisività, di politica nazionale, di attualità, della legge per il divorzio, ma anche di studi sul movimento libertario e in particolare sulla figura di Luigi Fabbri10 .
Il giornale si distinse anche per i servizi sempre puntuali di Michele Catapano e per gli interessanti interventi sulla tutela ambientale sui problemi ecologici del Edoardo Biondi presidente dell’Associazione Naturalistica Fabrianese11 .
Particolare risalto fu dato ai problemi della viabilità, delle ferrovie interne in difesa dei cosiddetti “rami secchi” delle Marche e del tracciato della strada pedemontana.
Per costruire la storia del Pensiero Cittadino dal 1965 al 1980 bisognerebbe leggere le 15 annate delle sua raccolta e passare in rassegna in rassegna 15 anni di storia locale. Si potrà così accertare meglio che quell’organo e il suo direttore-fondatore furono protagonisti della vita politica e sociale con l’intento di accrescere il livello culturale, di superare il gretto municipalismo, di impostare una corretta programmazione comprensoriale, per assegnare a Fabriano il ruolo di Comune capoluogo di una vasta area socio-economica, indicando i servizi e le infrastrutture indispensabili per l’emancipazione delle popolazioni insediate nella zona dell’alta valle dell’Esino. Si potrà così apprezzare l’insistenza per definire l’uso degli strumenti urbanistici con l’intento di favorire l’ordinato sviluppo, ossia lo sviluppo sostenibile, di una città a misura d’uomo, contro la speculazione edilizia, contro le irregolarità urbanistiche, contro il muro dell’incultura. Si potrà approfondire gli argomenti spesi per la difesa e la tutela dei beni culturali e ambientali. Si potrà esaminare le campagne giornalistiche per coinvolgere le istituzioni a realizzare il coordinamento dei piani regolatori comunali con il piano urbanistico della Comunità Montana dell’Alta Valle dell’Esino. Si avrà modo di seguire i dibattiti sui problemi dell’edilizia scolastica, della viabilità, dei trasporti, dell’assistenza agli anziani, dei servizi sanitari, dell’ospedale civile, dell’edilizia economica e popolare, delle aree pubbliche direzionali, del verde pubblico urbano. Con questa variegata tematica «Il Pensiero Cittadino» si è confrontato con gli altri organi di stampa locali, con i partiti politici, con i sindacati, con gli imprenditori, con i cittadini, creando attenzione e interessi per le principali problematiche della vita cittadina e quindi una maggiore partecipazione alla vita sociale e comunale. E’ riuscito a formare un movimento di opinione pubblica che ha dato segnali di assenso apertamente manifestato con l’elezione a consigliere comunale del direttore del periodico «Il Pensiero Cittadino», candidato nel 1970 del Partito Repubblicano.
Costante Tiberi entrò in Consiglio Comunale come rappresentante del P.R,I. riconquistando così il posto che quel partito aveva perso nelle elezioni amministrative del 1965. Il merito di quel recupero e l’affermazione elettorale in parte va anche a «Il Pensiero Cittadino» e all’uomo che lo aveva diretto per cinque anni perché fu evidente che molti elettori votarono il simbolo dell’edera per dare la preferenza al candidato Tiberi. Significativa fu la lettera, del 1 giugno 1970, che Luigi Bennani e Vincenzo Fida inviarono ai concittadini per sostenere la candidatura di Costante Tiberi. A sua volta Costante aveva rivolto una lettera aperta agli elettori nella quale affermava che la sua presenza nella lista dell’edera voleva significare la sua disponibilità e il suo impegno per portare avanti ed attuare nella sede opportuna tutto quello che era stato sostenuto, dibattuto e scritto nel Pensiero Cittadino e così concludeva: Serenamente partecipo a questa campagna elettorale con la fiducia di potere avere da voi e da quanti sono vicini a questo foglio l’appoggio necessario per riuscire12 .
Alla fine del 1969 con il rinnovo del comitato direttivo della sezione del P.R.I la carica di segretario politico, da me ricoperta per molti anni, passò al prof. Armando Signori (1939-1987). Il nuovo direttivo repubblicano affrontò la campagna elettorale per le elezione amministrative del 1970 senza concentrare le preferenze sul candidato Tiberi. Di conseguenza l’esito dei voti dimostrò che non fu unanime il sostegno del partito per il direttore del Pensiero Cittadino, che tuttavia ottenne un’ottima affermazione. In seguito fu abbastanza evidente lo scarso appoggio dei dirigenti della sezione repubblicana al Consigliere comunale Tiberi nell’esercizio delle sue funzioni.
Nel 1970 si formò un’amministrazione retta dal Sindaco democristiano Antonio Latini che sostituì Galliano Sereni che aveva ricoperto la carica di primo cittadino per due legislature dal 1960 al 1970. I repubblicani si dichiararono pronti a formare una Giunta comunale di centro sinistra. Dopo lunghe trattative interpartitiche, DC, PRI, PSDI e PSI uniti avevano raggiunto l’accordo, ma all’ultimo momento il gruppo consiliare della DC pose il veto all’ingresso di un rappresentante del PCI nel consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Civile e Istituti Riuniti di Beneficenza. A questo punto il PSI e il PRI, condannando aspramente il comportamento della Democrazia Cristiana, si dichiararono non più disponibili a formare la giunta di centro sinistra e cosi andò in porto una giunta DC con la partecipazione di un rappresentante del PSDI.
Il consigliere Tiberi dai banchi dell’opposizione dette prova non solo di sostenere l’azione e l’opera del suo partito, ma anche di portare avanti tutte le argomentazioni dibattute da «Il Pensiero Cittadino» fin dai primi numeri usciti nel 1965, mantenendo sempre fede alla promessa fatta nelle lettera aperta rivolta agli elettori13 . In un articolo di fondo pubblicato con il titolo La casa di vetro emergono quei valori e quei principi che caratterizzò tutta la sua incisiva opera di Consigliere Comunale. Egli sosteneva che il Comune è lo Stato di diritto in nuce che si organizza democraticamente per porsi al servizio dell’intera collettività e coloro che sono preposti al governo della cosa pubblica ricevono l’autorità politico-amministrativa su mandato popolare per esercitare un “potere-dovere” di cui debbono rendere conto con scrupolosa assiduità. Ma il Comune è anche l’istituzione che pone in atto la forma più concreta di quella democrazia diretta la quale richiede la partecipazione totale di ogni singolo cittadino, intesa questa come collaborazione con coloro che sono stati investiti del potere locale. Perché si realizzi una simile armoniosa funzione sociale è indispensabile che i pubblici amministratori compiano la loro opera non soltanto uniformandosi agli schemi delle leggi vigenti, ma soprattutto preoccupandosi costantemente di ottenere in ogni azione il consapevole e costruttivo consenso popolare […] Il Municipio deve essere quella casa del popolo, quella “casa di vetro” a cui tutti possono liberamente guardare con fiducia e rispetto perché in essa si tutelano con severa rettitudine gli interessi comunitari per un sempre maggiore generale interesse.14 Su questi valori e su questi principi si caratterizzò tutta la sua incisiva opera di Consigliere comunale. Il suo cavallo di battaglia fu il Piano Regolatore Generale adottato dal Comune nel 1964 e mai approvato, Del PRG si era più volte interessato sul giornale con articoli che sottolineavano la gravità delle irregolarità commesse in deroga al Piano. Già nel febbraio 1970, in un suo editoriale dal titolo Edilizia: materia che continua a scottare, sostenne che quella attività fino a quando rimaneva avulsa da tutto un contesto più complesso non sarebbe divenuta mai una delle manifestazioni in cui si estrinseca l’urbanistica, disciplina nuova per i valori culturali nuovi che sottintende.15 Memorabili rimarranno i suoi interventi in Consiglio Comunale sulle irregolarità edilizie riportati da «Il Pensiero Cittadino». Da ricordare la mozione presentata nella seduta del Consiglio Comunale del 20 ottobre 1972 con la quale chiese che l’Amministrazione doveva rilevare e correggere ogni disfunzione e garantire la tutela della collettività, eliminando eventuali speculazioni e illeciti profitti e porre ordine allo sviluppo urbanistico di Fabriano nel rispetto del PRG e delle leggi che regolano la materia.16
l consigliere Tiberi denunciò in aula le irregolarità edilizie di cui erano a conoscenza le autorità comunali a seguito degli esposti e dei ricorsi presentati da privati cittadini, delle denunce inoltrate alla autorità giudiziaria, delle ordinanze di sospensione dei lavori e di revoche di alcune licenze edilizie che lo stesso Sindaco si trovò costretto ad emanare. Rilevò le disfunzioni e le carenze dell’Ufficio Tecnico Comunale dell’epoca nell’istruttoria delle pratiche per il rilascio delle licenze (oggi concessioni) di costruzione e l’assenza di vigilanza sui lavori per accertare la rispondenza di questi al progetto approvato. Riferì sulle stridenti discordanze tra i “nulla osta” rilasciati dall’Ufficio competente e il parere della Commissione Edilizia Comunale. Di conseguenza con molta puntualità e rigore fornì ai colleghi del Consiglio Comunale materiale sufficientemente probante di quanto era vero quello che aveva detto nella premessa del suo intervento. Ed erano nelle prove schiaccianti delle irregolarità segnalate e nella ineccepibile documentazione che stava la forza delle sue argomentazioni. Sostenne quindi che non era ammissibile mascherare il lassismo e l’eccessiva permissività in una materia così delicata come l’urbanistica con una pseudo azione tesa a favorire lo sviluppo edilizio come fonte di benessere economico per Fabriano.
Bisogna avere il coraggio e l’onestà – sosteneva Tiberi – di fermare l’indiscriminata espansione edilizia quando questa deturpa e compromette il tessuto sociale e urbanistico della nostra città, che in parole povere significa costruire disordinatamente, ossia fare sorgere rioni non rispondenti a quei rapporti fra individuo insediato e gli spazi riservati al verde pubblico, ai parcheggi, agli asili nido, alle scuole materne, alle scuole dell’obbligo, agli impianti sportivi di quartiere, ai centri sociali, ai mercati di quartiere e a tutti i servizi che interessano le attività collettive,
«Il Pensiero Cittadino» dal 1970 al 1973 divenne la cassa di risonanza del suo direttore e consigliere comunale sostenendo che il PRG con le sue regole si oppone alla città anonima, priva di una sua caratteristica e di una sua funzionalità, carente nei servizi, nella viabilità urbana e periferica, nelle attrezzature sociali e nella razionale distribuzione dei centri pubblici e direzionali. Di conseguenza il periodico divenne paladino di una intelligente politica di “piano” per difendere l’ambiente dove il cittadino può vivere a suo agio. Il consigliere Tiberi voleva dimostrare che la paralisi edilizia non andava imputata a chi esigeva che lo sviluppo di Fabriano avvenisse in maniera ordinata, ma a coloro che avevano boicottato il PRG e che avevano ritardato l’approvazione, dopo otto anni dalla sua adozione. I sostenitori della tesi che dopo otto anni il PRG era divenuto un vestito troppo stretto per Fabriano, dovevano sapere che un adeguamento alle nuove esigenze sarebbe stato possibile con le necessarie varianti praticabili soltanto a PRG approvato, di qui la paralisi edilizia che non andava addossata a chi voleva il rispetto delle norme, ma a coloro che avevano voluto boicottare il PRG ritardandone l’approvazione. Gli interventi di Costante aprirono una vasta problematica mai così esaurientemente sviscerata in Consiglio Comunale da un Consigliere che si riproponeva di dibattere questioni di interesse generale senza demagogia, ma con l’unico intento di portarle a soluzioni nella sede opportuna, possibilmente con l’unanime consenso dei gruppi consiliari.
Dal 1970 al 1973, fino al manifestarsi del male, Costante si era sottoposto a un ritmo di vita massacrante. La scuola, che curava con particolare attaccamento come una seconda famiglia, la carica di Consigliere Comunale, che gli assorbiva buona parte del tempo libero per l’impegno con cui seguiva le vicende del Comune non trascurando nessun particolare per l’approfondimento delle questioni di cui si occupava con particolare cura e preparazione e infine «Il Pensiero Cittadino» che seguiva con l’entusiasmo di sempre preoccupandosi di farlo uscire sempre ricco di tematiche interessanti ed attuali con articoli che concordava con i redattori e i principali collaboratori. Puntualmente continuò a scrivere articoli di politica, di urbanistica e di economia comprensoriale. Esemplare la lettera aperta dell’aprile 1973 rivolta al Sindaco di Fabriano sulla problematica aperta dal nuovo piano di zona per l’edilizia economica e popolare.17 Il suo ultimo articolo del dicembre dello stesso anno è l’editoriale pubblicato con il titolo “Variante” per la speculazione edilizia ? 18
Dopo una breve dissertazione sulla rendita parassitaria, in quanto essa rappresentava un fattore estraneo alla produzione del reddito nazionale, Costante affermava che chiedere una variante generale del PRG approvato di recente, significava soltanto acquisire nuove aree per l’edificazione residenziale da immettere sul mercato al fine di agevolare gli speculatori del settore, che avevano fatto incetta dei suoli agricoli confinanti con le zone da urbanizzare secondo il PRG, perché costoro possano continuare – come per il passato – a realizzare illeciti profitti attraverso un’attività edificatoria disordinata e incontrollata.
Nella seduta del Consiglio Comunale dedicata al bilancio di previsione per l’anno 1974 il Consiglieri Tiberi, dopo un severo intervento espresse il suo voto contrario. Fra l’altro rilevò che l’inadeguatezza della nostra rete fognante, della rete di illuminazione pubblica e della rete viaria interna al centro urbano ed a cui si tenta di porre rimedio con simultanei e massicci interventi è il risultato della cervellotica politica urbanistica adottata dagli amministratori passati e presenti. […] Non possiamo pretendere dagli attuali amministratori una politica programmata ed iniziative di carattere sociale ed economico che rischierebbero di turbare i sonni dei loro grandi elettori, anche se tutto ciò costringe l’intera collettività a subire tutti gli oneri e tutte le disfunzioni di un’amministrazione, e per di più a subire i ritardi perché la città inizi veramente quella crescita civile, economica e sociale che in questa sala consiliare, solo a parole, la maggioranza D.C. asserisce di volere. 19 L’intervento del Consigliere Tiberi provoca la reazione dell’Assessore Domenico Giraldi che si dichiara sorpreso del tono scandalistico dato da Tiberi ad ogni suo intervento, tono fuori luogo e che non merita nemmeno una risposta. Si tratta di un modo sbagliato di interpretare il ruolo di consigliere comunale e di oppositore, e tanto meno rivolgendo attacchi ed insinuazioni personali. A sua volta anche il Sindaco Antonio Latini dichiara che potrebbe dare adeguati chiarimenti, anche per fatto personale, ma per la meschinità delle insinuazioni non ritiene il consigliere Tiberi meritevole di un chiarimento. A questo punto Costante pubblica sul suo periodico un articolo con il titolo Undici domande per ora bastano con il quale afferma: Se è vero che le mie insinuazioni sono infondate e di natura scandalistica, meschine e in malafede, non solo io sono meritevole di una risposta e di un chiarimento esaurienti e li pretendo proprio per essere clamorosamente smentito con fatti certi e documentati e non con le solite “chiacchiere”, ma anche tutta la cittadinanza ha il diritto di sapere chi è che mente e di conoscere chi è che interpreta rettamente il ruolo di pubblico amministratore. Signor Sindaco, Assessore Giraldi è troppo facile fingere sdegno e trincerarsi dietro la formula del “non merita risposta”, credendo con ciò di farmi fare la figura del diffamatore velleitario! Se lo sono, lo si deve anche dimostrare con fatti e documenti inoppugnabili. E per questo motivo mi sia data pubblica soddisfazione, nella sede che le Signorie Loro riterranno più opportuno. A questo punto Tiberi formula undici domande per stabilire chi diffama e chi è diffamato e chi è vittima innocente delle diffamazioni e chi sbaglia il ruolo di consigliere comunale e chi invece assolve con correttezza le pubbliche funzioni. 20
Non risulta che a quelle undici domande siano state date risposte.
All’inizio del 1974 Costante si ammala, dopo una breve permanenza nell’ospedale di Fabriano, deve ricoverarsi nell’ospedale di Jesi per cure specialistiche che non riescono a eliminare il male che lo tormenta. In aprile si aggrava e si spegne il 5 maggio.
Appresa la notizia appare questo manifesto: l’Amministrazione Comunale di Fabriano partecipa con profondo dolore alla repentina scomparsa, avvenuta a Jesi questa notte, del Maestro Costante Tiberi Consigliere Comunale. Eletto al Civico Consesso nel 1970 profuse nella Sua attività tutto l’impegno politico del quale era portatore, sempre attento e sollecito ai problemi della Città che trattava con serietà e competenza. Con la sua scomparsa la nostra Città ed il Consiglio Comunale perdono un valido protagonista della vita pubblica cui Egli guardò fino all’ultimo con commovente sensibilità e profonda dedizione. L’amministrazione Comunale, essa stessa colpita da così grave lutto, si stringe attorno alla Famiglia esprimendole il suo profondo cordoglio. Al manifesto della Civica Amministrazione segue un supplemento diffuso da «Il Pensiero Cittadino» tutto dedicato al suo direttore con il titolo Costante Tiberi non è più tra noi. Un lutto per la democrazia fabrianese. Si riportano alcuni brani dei suoi scritti, l’unanime cordoglio dei colleghi maestri e di alcuni suoi alunni, i necrologi del settimanale cattolico «L’Azione», del periodico comunista «Il Progresso», dell’Associazione Naturalistica Fabrianese e l’articolo di don Tonino Lasconi intitolato Un pungolo per chi non crede.21
Le manifestazioni di sincero dolore diffuso fra i tanti concittadini ed amici confermano che Costante Tiberi svolse il ruolo di Consigliere Comunale da vero protagonista e il suo comportamento rimane un esempio perché – come si legge nel necrologio dedicatogli dal settimanale «L’Azione» – fu un politico nel senso migliore della parola, uno di quei repubblicani storici che al rigore morale accompagnano la fierezza del carattere e la consapevolezza di una missione civile da svolgere nella società.
Dopo la sua morte «Il Pensiero Cittadino» continuò a uscire fino al 1980 con la stessa grinta e con gli stessi indirizzi tracciati dal suo fondatore e direttore e non venne mai meno al suo programma-proclama del 1964. A cominciare dal maggio 1974 fu costituito un comitato di redazione formato da Venanzio Brunetti, Giancarlo Castagnari (coordinatore), Michele Catapano, Renato Ciavola, Nora Lipparoni, Ulisse Mannucci, Ivo Quagliarini, Gianni Stroppa, Alberto Tacconi, Edmondo Verna, Rinalda Zanchetti ved. Tiberi. La direzione fu collegiale ed ebbe subito l’incoraggiamento degli Amici e il sostegno degli inserzionisti e dei fedeli abbonati.22 Il periodico continuò a caratterizzarsi per gli articoli di fondo di Nora Lipparoni che curò anche alcuni “dibattiti aperti”. Vasto interesse destarono quello dedicato alla donna con il titolo Quando l’angelo perde le ali e quello sul tema dell’aborto con la partecipazione della poetessa Anna Malfaiera.23
Sempre particolareggiati gli ampi servizi di Michele Catapano e molto seguiti quelli sulle “strutture ospedaliere locali e la salute dei cittadini” con il coinvolgimento di alcuni medici e del personale paramedico.
Con dovizia di particolari fu seguita la decennale polemica fra i partiti per la costruzione della Strada statale “76”. La DC sosteneva che l’importante arteria dovesse passare a Sud di Fabriano, a loro volta PCI, PSI, PSDI, PRI erano concordi nel ritenere più adeguato alle esigenze locali il passaggio a Nord, scelta che venne privilegiata. La disputa si concluse con l’approvazione della soluzione Nord che segnò la sconfitta politica della DC.24 Il problema dell’inceneritore a Fabriano fu affrontato dall’Associazione Naturalistica Fabrianese guidata da Edoardo Biondi, allora docente dell’Università degli Studi di Camerino, e prestigioso collaboratore del Pensiero Cittadino.25 Ampio spazio fu dato ai problemi locali dello sport con un servizio di Gianni Stroppa che prese in esame le attività delle varie discipline sportive: basket, atletica, pattinaggio, calcio, ciclismo ginnastica, palla a volo.26 Il numero speciale Fabriano produce di 16 pagine prese corpo in occasione della “Mostra Artigianato Industria Agricoltura” del settembre 1975 e si esaminarono con dibattiti e interviste le molte aspettative per un ordinato sviluppo del comprensorio. 27
Nel numero di settembre 1976 si pubblicò il necrologio di Alfredo Morea Un cavaliere errante della democrazia firmato da Guido Monina (1929-1988), direttore del periodico «Lucifero», sindaco di Ancona dal 1976 al 1988. La lapidaria definizione scolpisce la figura di Morea, un Uomo di fede mazziniana che aveva dedicato la vita alla Patria, alla società civile e al Partito Repubblicano Italiano. Ultimo degli Aventiniani, super decorato, ufficiale dell’esercito italiano distintosi in tre guerre, legionario fiumano nel 1919, a fianco di Gabriele D’annunzio, il più giovane Deputato italiano eletto nelle Marche nel 1924. Arrestato, in base alle nuove disposizioni delle leggi liberticide di Mussolini, il primo dicembre 1926 fu condannato senza processo al confino. Destinato alla colonia di Lampedusa venne poi trasferito prima a Ustica e poi a Lipari. Nel 1929, ottenuta la condizionale, ritornò a Fabriano dove visse sotto stretta sorveglianza che riuscì ad eludere per collegarsi con gli amici antifascisti e con i gruppi di Giustizia e Libertà coordinati da Max Salvadori. Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1940 fu richiamato alle armi e inviato in Etiopia con il grado di capitano dei granatieri. Fatto prigioniero dagli Inglesi fu trasportato in India e rinchiuso in un campo di concentramento dove resterà per cinque anni. Tornato in Italia nel 1946 è riconosciuto invalido di guerra e benché sofferente riprese l’attività politica nel ricostituito Partito Repubblicano di cui diverrà membro della Direzione nazionale, segretario regionale del partito e riconosciuto leader storico del repubblicani marchigiani. Nel 1963 uscì da PRI e con Randolfo Pacciardi fondò il movimento di “Nuova Repubblica”, che avrà scarso seguito, ma fu una breve parentesi di democratico dissenso.
Morea è ricordato anche per il delitto di don Minzoni assassinato la sera del 23 agosto 1923 dai sicari fascisti di Italo Balbo. Sul fatto e sulla morte del sacerdote fu aperta un’inchiesta, subito archiviata nel novembre dello stesso anno per imposizione dei capi fascisti ferraresi. Nell’agosto 1924 «La Voce Repubblicana» quotidiano del P.R.I. riuscì a dimostrare che Balbo era il vero mandante dell’afferrato delitto. Vistosi scoperto, il potente gerarca fascista querelò il giornale repubblicano per diffamazione. Al processo Morea, in possesso di prove inconfutabili, si presentò in qualità di testimone e con la sua coraggiosa deposizione incriminò Balbo, soprannominato il ras di Ferrara, per essere stato il mandante del delitto di don Giovanni Minzoni e per avere sottratto alla giustizia i fascisti che l’avevano compiuto. Di conseguenza «La Voce Repubblicana» venne assolta e Balbo condannato al pagamento delle spese processuali.28 Morea rimase nel suo intimo e lo dimostrò – precisa nel necrologio Guido Monina – con scritti e discorsi coerentemente fedele agli ideali della scuola repubblicana, per cui noi lo abbiamo sempre considerato, idealmente, nelle nostre file. Oggi che è scomparso la sua memoria diventa patrimonio comune di tutti gli aderenti al movimento repubblicano, senza distinzioni più o memo sottili di scuole e di correnti.29 A Luigi Bennani fu dedicato un articolo per sottolineare che con la sua morte scompare un’epoca, mentre si assottiglia sempre più la schiera degli uomini che furono artefici del movimento socialista italiano e i fautori – spesso incompresi – dell’emancipazione operaia. Nato a Fabriano da famiglia operaia, Bennani appena sedicenne entrò nelle file del partito socialista divenendo presto un esponente locale e regionale di alto prestigio. Dotato di intelligenza non comune, fine dicitore, ottimo scrittore, si distinse sia come politico che come valente avvocato penalista. Alla passione politica unì l’amore per le lettere e per la cultura, che furono gli attributi basilari della sua poliedrica personalità di intellettuale e di giurista.. Intensa la sua attività di pubblicista . Nel 1906 diresse il periodico locale «La lotta democratica» e nel 1914 fondò il settimanale «In Campo». Fu redattore de «La Riscossa» e «La strada». Collaboratore della «Giustizia» e della «Umanità» di Milano, dove dal 1948 al 1950 tenne la rubrica «Il Caffè». Dopo il suo ritiro a Fabriano negli sessanta volle spontaneamente portare la sua penna al servizio del Pensiero Cittadino, scrivendo numerosi articoli firmati con lo pseudonimo Picchio Calvo che restano a testimoniare la freschezza del suo stile e della sua immutata giovanile fantasia. Dopo la Resistenza divenne il primo Sindaco di Fabriano libera e poi Deputato dell’Assemblea Costituente e della prima legislatura repubblicana. Ricoprì anche la carica di vice presidente della Camera dei deputati e di vice presidente della RAI. Come uomo era dotato di uno stile inconfondibile per l’eleganza del tratto e della parola che affascinava l’uditorio. Amava Leopardi nel quale, per affinità elettive, ritrovava il suo illuminato pessimismo. Ammirava Mazzini al quale riconosceva la coerenza nella lotta democratica e la modernità del pensiero: l’associazionismo come strumento di congiunzione fra capitale e lavoro. Amico di Costante Tiberi, fu sempre vicino alla redazione del Pensiero Cittadino verso la quale fu prodiga di consigli. Fate il possibile perché a Fabriano non si spenga questa fiammella di libertà. Cosi Luigi Bennani mi esortò durante un casuale cordiale incontro.30 In riferimento al convegno promosso dalle Comunità Montane e dalle UNCEM delle Marche e dell’Umbria con il patrocinio dei rispettivi consigli regionali tenutosi al teatro “Gentile” di Fabriano il 22-23 febbraio 1980 per trattare il problema delle marginalizzazione delle aree interne in Italia, del sottosviluppo, dello spopolamento e del degrado di vaste zone di territori coincidenti con la collina e la montagna, Otello Biondi (1922-1987), presidente della Comunità Montana Alta Valle dell’Esino e principale esponente del Partito Comunista fabrianese, inviò un suo articolo che fu pubblicato in prima pagina con il titolo: Zone interne e sviluppo. Biondi tenne a precisare che il convegno aveva sintetizzato le questioni e i problemi più urgenti e attuali delle zone interne. L’uso produttivo delle terre di proprietà pubblica, il rilancio tecnico-promozionale della piccola e media industria e dell’artigianato, la rivitalizzazione dei centri e dei nuclei storici. L’esigenza di un’azione prioritaria nell’agricoltura e nell’industria secondo una linea di riconversione produttiva e strutturale non poteva non partire dalla osservazione attuale dell’esistente, dai dati riguardanti la mancanza o la debolezza dei processi produttivi, dai fenomeno dell’abbandono e della degradazione delle zone montane, dalla riflessione sulla perdita delle loro antiche risorse, per sollecitare la costruzione di strutture produttive nuove, capaci di aggregare forze e fattori di produzione oggi fortemente dispersi e disgregati. In questo contesto, puntuale e insegnativa mi è sembrata la parte storico-economica sull’area appenninica fabrianese nell’Alta Valle dell’Esino curata da Giancarlo Castagnari e Nora Lipparoni, perché ha fornito un importante riscontro sulle potenzialità reali che le aree interne possono esprimere in termini di sviluppo delle strutture produttive piccolo-medio-industriali e artigianali.[…] Secondo Biodi la riscoperta delle aree interne – che il convegno ha riproposto con una serie di argomentate motivazioni all’attenzione delle forze politiche e sociali, delle istituzioni e dei governi regionali e nazionali – è in definitiva il contributo positivo e concreto che c’era da esprimere in questo momento, in questa fase particolare di crisi economica e sociale del Paese.31
L’ultimo numero del periodico uscì nel maggio 1980 in piena campagna elettorale per le amministrative. Tutta la prima pagina fu dedicata alle elezioni con il titolo: In Comune con il P.R.I. più forte. Per non dividere Fabriano e il suo comprensorio fra DC e PCI bisogna sostenere i partiti intermedi. Nella stessa pagina fu pubblicata la lista dei candidati repubblicani al Comune e alla Provincia con un’esortazione a votare per i redattori del periodico inseriti in quella lista: Michele Catapano, Renato Ciavola, Nora Lipparoni, Giovanni Stroppa. Nel programma del Partito repubblicano, pubblicato in seconda pagina, si auspicava che la nuova amministrazione comunale fosse in grado di favorire il processo di programmazione comprensoriale per lo sviluppo della zona montana dell’alta valle dell’Esino, processo di programmazione da sempre auspicato da «Il Pensiero Cittadino».
Con il n.2 del maggio 1980, il periodico cessò le pubblicazioni nello stesso mese che segnava il sesto anniversario della morte di Costante Tiberi. Dopo la sua scomparsa il periodico non venne mai meno al programma-proclama del suo fondatore e direttore. Quel pesante impegno per cinque anni dal 1975 al 1980 comportò un aggravio finanziario, organizzativo, logistico che con il passare del tempo divenne sempre più insostenibile. Furono anni intensi che comportarono un sacrificio notevole da parte di tutti i redattori. Quella sofferta decisione fu presa soprattutto per motivi che riguardavano l’impossibilità di far fronte alle spese di stampa, al mantenimento di un’efficiente amministrazione, alla organizzazione generale, all’affitto della nuova sede, dopo essere stati costretti nel 1975 a lasciare la sede di piazza Garibaldi. Furono queste le ragioni che imposero la chiusura di un periodico che ha lasciato un segno profondo nella storia del giornalismo fabrianese.
1. R. Armezzani, Ricordo di Costante Tiberi, in « Il Pensiero Cittadino», a. X, (maggio 1974), n.5.
2. R, Micheletti, Decennale della morte di Costante Tiberi, in «L’Azione», 5 maggio 1984.
3. I colleghi, in « Il Pensiero Cittadino», a. X, supplemento ( aprile 1974), n.4.
4. R, Armezzani , Ricordo di Costante Tiberi, cit.
5. Luigi Fabbri: il pensatore anarchico morto in esilio, in « Il Pensiero Cittadino », a. III, (dicembre 1967), n.12, pagine 4-5.
6. Si veda A. Cardini, Mario Pannunzio giornalismo e liberalismo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011.
7. “Il Pensiero Cittadino”, sottotitolo: Periodico settimanale di vita Fabrianese. Si Stampa a Fabriano, presso la tipografia Cooperativa Mutilati e poi dal n. 16 presso la Tipografia Economica, dal 10 dicembre 1921 al 30 dicembre 1922. Escono 46 numeri. Fino al 20 agosto 1922 è diretto da Alfredo MOREA (1897-1976) e fino all’ultimo numero da Giuseppe TACCONI (1889-1961). Gerente responsabile Augusto SILVESTRINI. Principali collaboratori: Alfredo MOREA, Nicolò CASTAGNARI (1890-1944), Nestore ZACCHILLI (1861-1939), Onofrio ANGELELLI (1870-1939), Giuseppe TACCONI (1889-1961), Giuseppe MALAGODI (1894-1945), segretario della Camera del Lavoro di Fabriano, fondata nel 1919. I redattori sono repubblicani militanti nel P.R.I. Il settimanale è anche espressione del movimento dei reduci e combattenti costituitosi poi in Associazione per iniziatica del nucleo fabrianese degli interventisti mazziniani della guerra 1915-1918. Sostenitore delle minoranze politiche dal primo numero, il giornale auspica l’unione delle forze libere, rudi, schiette della nostra città e delle nostre campagne. E’ aperto a tutte le correnti d’idee che nel binomio popolo e patria tendono al maggiore bene, si uniformano ai modi più corretti e civili, ma è anche eco delle correnti democratiche e laiche. Aspra la polemica con il partito popolare e con i clericali con scritti del giovane direttore Morea. Altri temi ampiamenti trattati riguardano la politica nazionale e locale, il sindacalismo e i problemi del lavoro. Da una posizione intransigente e battagliera, che caratterizza i primi numeri dominati dagli scritti di Alfredo Morea, il periodico, con la direzione Tacconi, a metà anno 1922 tende sempre ad abbandonare gli articoli di fondo polemici per sviluppare la tematica ideologica con argomenti squisitamente mazziniani, sviscerando anche delicati e complessi problemi politici imposti dall’affermarsi del fascismo. Per Tacconi il giornale sarà libera palestra di idealità repubblicane-mazziniane: tratterà tutti i problemi della vita cittadina, sarà sempre a fianco degli oppressi e dei deboli, ma senza demagogismo, senza pose, senza animosità, senza odio per alcuno, mai. Questo modesto foglio non è a servizio di interessi particolari, ma di un’Idea che santifica l’amor di Patria e l’amore per il Popolo. Si vedano: E. Bertulli, Mio nonno è una vecchia grattugia arrugginita. Giuseppe Malagodi da Cento a Gusen, Roma, Youcamprint Self-Publishing, 2019, G. Castagnari, Alfredo Morea un cavaliere errante della democrazia, in «Atti e Memorie» della Deputazione di Storia Patria per le Marche, vol. 111 (2013), pp. 217-230, Ancona 2016, S. Gatti, Giuseppe Tacconi mazziniano, Ancona, Istituto per la Storia del Movimento Democratico e Repubblicano delle Marche e Associazione Mazziniana Italiana, 2006.
8. Gli indirizzi programmatici fondamentali per lo sviluppo dell’area di Fabriano sono indicati in uno studio, a cura di Giancarlo Castagnari, Ulisse Mannucci, Costante Tiberi, Edmondo Verna, con la supervisione dell’ing. Claudio Salmoni (vice segretario nazionale del P.R.I. e poi Sindaco di Ancona), pubblicato da «La Voce Repubblicana», Roma 9 e 10 dicembre 1963. e riportato con il titolo Problemi e prospettive dell’economia fabrianese, in «Il Pensiero Cittadino», a. I (aprile 1965), n.1. pagina 4.
9. C Tiberi, “Testimonianze”. I nostri infortuni giornalistici, in «Il Pensiero Cittadino”, a. II (settembre 1966), n. 9, p.3.
10. Lipparoni, Le origini del fascismo nel pensiero di Luigi Fabbri, Fabriano, Edizioni del Pensiero Cittadino, 1975. Idem, Il contributo di Luigi Fabbri alla dinamica dell’ideologia libertaria, in «Studi urbinati di Storia, Filosofia e Letteratura», a. XLIX nuova serie B n. 2, 1975, presso l’Università degli Studi di Urbino, pagine 541-557.
11. Biondi (a cura), Proposte per la costituzione di riserve naturali nel bacino montano dell’Esino. Associazione Naturalistica Fabrianese, Fabriano, 1976.
12. C. Tiberi, Lettera aperta agli elettori, in «Il Pensiero Cittadino», a. VI (aprile –maggio 1970), n. 4-5.
13. L’intervento tenuto dal consigliere comunale Costante Tiberi nella seduta di insediamento del nuovo Consiglio Comunale è riportato integralmente in prima pagina da «Il Pensiero Cittadino» a. VI (giugno-agosto 1970), n. 6-8).
14. C.Tiberi, La Casa di vetro, articolo di fondo in «Il Pensiero Cittadino», a. I (settembre 1965), n.6.
15. C. Tiberi, Edilizia: materia che continua a scottare, articolo di fondo in «Il Pensiero Cittadino» (gennaio-febbraio 1970), n. 1-2.
16. «Il Pensiero Cittadino», a. VIII (8 ottobre 1972) , n.9-10. In prima pagina sono riportati l’intervento del consigliere Tiberi e la mozione proposta al Consiglio Comunale il 20 ottobre 1972.
17. «Il Pensiero Cittadino», a .IX (marzo-aprile 1973), n.3, prima pagina.
18.Il Pensiero Cittadino», a. IX (dicembre 1973), n. 12, editoriale a tutta pagina. A sostegno della sua tesi il Consigliere Tiberi cita l’opera di Giuseppe Campos Venuti, Amministrare l’Urbanistica, Torino, Einaudi, 1967.
19.L’intervento del Consigliere Tiberi è riportato integralmente da «Il Pensiero Cittadino», a. IX (novembre 1973), n..11, p.4.
20. «Il Pensiero Cittadino». a. IX (dicembre 1973), n.12, p.6.
21. «Il Pensiero Cittadino» a. X , supplemento al n. 4 dell’aprile 1974.
22. «Il Pensiero Cittadino», a. X (maggio 1974), n.5.
23. «Il Pensiero Cittadino», a. XIII (maggio 1977), n. 4-5, a. XI, (dicembre 1975), n.12), a. XII (gennaio 1976), n.1. Anna Malfaiera si è espressa principalmente in poesia, ha pubblicato Fermo davanzale, Padova, Rebellato 1961, ha collaborato con varie riviste letterarie, tra cui «Letteratura” e «La Fiera Letteraria»
24. «Il Pensiero Cittadino», a. XI (ottobre-novembre 1975), n. 10-11, a. XII, (ottobre 1976), n. 10
25. «Il Pensiero Cittadino», a. XII (dicembre 1976), n. 11-12, a. XIII, (febbraio 1977), n. 1.
26. «Il Pensiero Cittadino», a. XIII (giugno-luglio 1977), n. 3.
27. « Il Pensiero Cittadino», a. XI (luglio-agosto 1975), n. 7-8.
28. Si veda G. Castagnari, Alfredo Morea un cavaliere errante della democrazia, cit.
29. Guido Monina necrologio di Alfredo Morea in «Il Pensiero Cittadino», a. XII, (agosto-settembre 1976), n.8-9, p.3.
30. Si veda G.Castagnari, Ricordo di Luigi Bennani in «Il Pensiero Cittadino», a. XIV (novembre 1978), n.3, p.3.
31. O. Biondi, Zone interne e sviluppo, in «Il Pensiero Cittadino» a .XVI (aprile 1980), n. 1, prima pagina.
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