Intorno alla metà del Duecento in area altoesina è già fiorente la manifattura e il commercio della carta (carta bombicinis). L’esistenza di fogli con il “segno” (filigrana) del 1293 conservati nell’Archivio Storico Comunale di Fabriano conferma che quella manifattura, per i raggiunti livelli tecnici usufruisce ormai di un’esperienza con processi di lavorazione iniziati in epoca più remota. L’evoluzione qualitativa del prodotto è il sintomo di un’economia manifatturiera in fase di sviluppo con una qualità di carta in funzione trainante che conquista mercati in Italia e in Europa. Un’economia in espansione che si muove di pari passo alla conquista da parte del giovane Comune del territorio circostante. Già nel Duecento l’impianto urbanistico va assumendo il suo assetto fondamentale che si svilupperà in forma più organica nel secolo successivo. Nel 1255 viene edificato il “palazzo del Podestà” che assurge a simbolo della concordia e della potenza comunali. Le prime mura urbiche erette nel 1231 segnano i contorni della “Terra” di Fabriano, mentre si vanno delineando i punti di riferimento e di aggregazione sociale, economica e religiosa descritti in sintesi da Romualdo Sassi (1878-1969) nel suo pregevole “Sommario storico” pubblicato nella “Guida artistica di Fabriano” di Bruno Molajoli.
Le gualchiere che fabbricano carta sono dislocate lungo gli argini del fiume Castellano, poi denominato Giano, da Cancelli, a “Ponte del Gualdo”, alla “Madonna della Quercia” nelle propaggini della chiesa di San Lorenzo. L’area denominata “Ponte del Gualdo”, l’odierna Vetralla, è caratterizzata da alcune prerogative essenziali per l’insediamento preindustriale: la vicinanza alla città, l’andamento pianeggiante del terreno e l’acqua del fiume per ricavarne l’energia idraulica. In questa zona si concentra una parte del patrimonio dei Monaci Silvestrini. Nel 1275 si verificano notevoli passaggi di proprietà relativi ai beni immobili legalizzati con atti di donazione e di compravendita. Dalla lettura di alcuni di essi si ricavano importanti notizie relative alle origini della manifattura cartaria e ai rapporti con i Silvestrini.
L’erudito Luigi Mostarda (1729-1801) nel suo manoscritto inedito, conservato nell’archivio privato Benigni Olivieri, riporta il contenuto di due pergamene dell’archivio dei Monaci Silvestrini. Una datata 7 agosto 1275 stabilisce che suor Benentessa di Morico di Gentile dona al monastero di San Benedetto di Montefano la sua “cartère” situata in “contrata Gualdi”. Nell’altra del 22 novembre 1278 si registra la vendita allo stesso monastero della “cartère” di Temperanza di Albertuzio, “edifitio positum” in quella stessa contrada. Il Mostarda, con l’intento di confermare che a Fabriano nella seconda metà del XIII secolo era fiorente la fabbricazione della carta, fa partecipe della sua scoperta Girolamo Tiraboschi (1731-1794) che a sua volta riporta la notizia, citando la fonte, nella sua “Storia della letteratura italiana” edita nel 1782 e ringrazia il Mostarda per avergli fornito i testi dei due documenti. Romualdo Sassi, da esperto paleografo con ampia conoscenza di carte medioevali, sa bene che i notai del Due e Trecento non citano mai la parola “cartére”, usano invece costantemente i termini “valche” o “valcherie a cartis” o “a cartis bombicinis”,“a cincis” e negli atti di donazione e di vendita non omettono mai termini come “spanditori”, “molendino”,“vallato”,“chiusa”. Per vederci chiaro il prof. Sassi vuole consultare gli originali trascritti dal Mostarda. Accompagnato dall’amico Onofrio Angelelli, sale al monastero di Montefano ove è conservato l’archivio del monastero di San Benedetto, ivi trasportato dopo la soppressione. Presa visione delle due pergamene, scopre che le due “cartère” del Ponte del Gualdo sono state create da un ameno errore di lettura che, mediante lo scambio, facilissimo nelle scritture del XIII secolo, di una “c” in una “t”, ha trasformato due solitari “carceri” – frequentissimi nei secoli XIII e XIV ove si ritiravano a vita di penitenza e di rigida clausura eremiti di sesso maschile o femminile – in sonanti gualchiere. Sassi nel suo saggio “Due documenti che non esistono nella storia antichissima delle cartiere fabrianesi”, pubblicato nel 1931 in «Atti e Memorie» della Deputazione di Storia Patria per le Marche, trascrive interamente i due atti incriminati correggendo gli errori commessi dal Mostarda. Un anno dopo nella stessa rivista trascrive e commenta le nove lettere che il Tiraboschi dal 31 dicembre 1782 al 17 maggio 1791 invia al Mostarda per approfondire la dibattuta questione sulla prima origine in Europa della fabbricazione della carta.
Andrea Federico Gasparinetti (1893-1964), con la sua monografia intitolata “Conclusione su due documenti di Montefano”, nel 1942 definisce la questione senza ombra di dubbio ed esclude i due documenti di Montefano dalle fonti sulle origini dell’arte della carta a Fabriano. Nel 1941 si era già fatto notare per la sua prima monografia Carte, cartiere e cartai fabrianesi, pubblicata nella rivista mensile d’arte grafica «Risorgimento grafico» diretto da Raffaele Bertieri, e il Sassi gli riconobbe singolare attitudine a questo ramo della storia, sia per vasta conoscenza bibliografica, sia per l’accuratezza delle indagini condotte direttamente sui documenti, sia per l’acume critico e la chiara esposizione, precisando che mentre all’estero la storia della carta trova numerosi e dotti cultori…da noi questa disciplina è stata del tutto sconosciuta, così che nessuna ricerca approfondita si fece da molti decenni in questo campo, nonostante la grande ricchezza di materiale che può trovarsi negli archivi e nelle nostre biblioteche.
Sassi non perde l’occasione di osservare che scrupolosi storici, come Camillo Ramelli (1804-1855), autore del saggio “Su la fabbricazione della carta in Fabriano” del 1855, Oreste Marcoaldi (1825-1879) noto e apprezzato per la sua “Guida e statistica della Città e Comune di Fabriano” del 1872 e Onofrio Angelelli (1870-1938), studioso benemerito, attingendo alle fonti storiche di seconda mano, hanno riportato le citazione del Tiraboschi e ripetuto l’errore commesso prima dal Mostarda senza ricercare e leggere i documenti originali, ossia le fonti primarie. Questo tuttavia non impedisce al Sassi di affermare che la monografia storica “L’industria della carta e la famiglia Miliani”, stampata per volontà di Giambattista Miliani nel 1930, è l’opera più organica e rigorosa dell’Angelelli che ha anche il merito con il suo saggio dialettale El mestiere del cartaro del 1937 di riproporre un linguaggio inconsueto con termini in disuso che, come tali, entrano nel nostro patrimonio culturale e danno quel genuino linguaggio dei cartai che diventa un utile sussidio per gli studi storici della carta e dei dialetti.
In un estratto dagli «Atti e Memorie» della Deputazione di Storia Patria per le Marche del 1938, Sassi illustra la figura di Giambattista Miliani (28 giugno1856-14 aprile1937) deputato al Parlamento, ministro dell’agricoltura nel 1917 del governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, Senatore del Regno nel 1929. Premettendo che di Lui vuole ricordare ciò che ha più diretta attinenza alla cultura, tiene ad evidenziare la sua inesauribile attività di perfezionatore dell’antica manifattura cartaria fabrianese e la sua capacità di imprimere un’orma non facilmente cancellabile nei più svariati campi dell’attività umana, l’industria, l’agricoltura, la politica, l’alpinismo. Di Miliani ricorda la sua monografia La musica edita nel 1885, lodata da Giosuè Carducci, e il suo intervento per conservare, in apposito archivio, le testimonianze storiche della sua industria, le sue pubblicazioni di tecnica cartaria e i suoi interventi per divulgare la storia locale.
Dagli studi storici del prof. Sassi risulta che i piccoli edifici adibiti a cartiera nel Medioevo consistevano in un paio di stanze a pianoterra dove erano collocate non più di due pile a magli multipli azionate dall’energia idraulica e gli arnesi indispensabili per la lavorazione, in un piano superiore adibito a “spanditoio” arieggiato e in qualche vano accessorio. Pochi gli addetti alla fabbricazione spesso coadiuvati da familiari del mastro cartaio quasi sempre locatario dell’immobile. Continuando le sue ricerche Sassi riesce a localizzare alcune gualchiere nella contrada dell’antica chiesa di San Lorenzo presso il fiume. Appartenevano a Federuccio di Tomasuccio di Palamidesse, ricco calderaio che dava le sue cartiere in affitto a tale Angelo del Nottolo. Nella stessa località sorgeranno le cartiere Mariotti e Vallemani, acquistate successivamente da Pietro Miliani tra la fine del XVIII secolo e il principio del XIX. Per volontà testamentaria Federuccio nel 1447 dichiarava eredi dei suoi due opifici i frati della chiesa di Santa Lucia. Alcune cartiere risultano attive nel 1392 in contrada “piano di Camporege”, due nel sito riva petrosa presso Cancelli, altre, presso la villa di Cacciano, appartenevano ai Chiavelli. Lo stesso Guido Napoletano Chiavelli impegna ingenti capitali per lo sviluppo delle attività manifatturiere e negli acquisti di opifici, riuscendo così ad aumentare la sua potenza economica e ad influire con la sua consorteria in misura determinante nella vita politica e sociale del Comune di Fabriano.
Prezioso il regesto delle pergamene dell’Archivio domenicano di S. Lucia curato da Romualdo Sassi e pubblicato nel 1939 dalla Deputazione di Storia Patria. L’attento esame delle pergamene dei secoli XIV, XV, XVI ha reso possibile reperire preziose notizie storiche, conoscere i nomi di alcuni cartai e gli insediamenti di alcune valchiere a cartis.
Importante per la storia della potente abbazia benedettina di San Vittore delle Chiuse è l’inedito volume cartaceo che fa parte dei protocolli notarili appartenenti all’ospedale di Santa Maria del Gesù. Contiene atti del 1306 concernenti la cartiera di quella potente abbazia conservati presso l’Archivio Storico Comunale di Fabriano (pergamene Brefotrofio , protocollo n.13, rogito del notaio Giovanni di maestro Compagno,I) , trascritti dal Sassi e pubblicati in un estratto dagli Atti delle Deputazione di Storia Patria per le Marche del 1942 con il titolo “Un’antica cartiera dei monaci di S.Vittore sul Sentino”. Sono atti notarili che confermano l’esistenza nel 1306 in contrata Muscani di una gualchiera a cincis, della quale nel 1306 erano proprietari i Monaci Benedettini di San Vittore e da questi ceduta in affitto. In tempi più recenti, dopo vari passaggi di proprietà, fu trasformata in mulino.
Per proseguire e ampliare gli studi della contessa Anna Miliani Vallemani (1863-1950) autrice nel 1920 del saggio intitolato “Memoria storica su «L’Università dei Cartai” e quelli del 1932 di Onofrio Angelelli riuniti in “Notizie storiche intorno all’Università dei Cartai di Fabriano”, Romualdo Sassi ricostruisce la storia di quella antica istituzione in un volume intitolato La Pia Università dei Cartai di Fabriano e la sua chiesa di S. Maria Maddalena, stampato nel 1951 dalla Tipografia S.A.M.E. di Milano, riprodotto anastaticamente nel 1986 dall’Istituto e Zecca dello Stato, con una mia breve introduzione. La terza edizione di quella prestigiosa opera esce nel 2004 per volontà dell’ing. Giuseppe Fedrigoni, che, allora, in qualità di Capitano dell’Arte, tenne a dichiarare che con la ristampa del 1986 si diede inizio, per conto della Pia Università a una collana editoriale, unica in Italia, con l’intento di “perpetuare e tramandare l’Arte della Carta – sono sue parole – diffondendo le tecniche per l’apprendimento e alimentando la memoria storica delle generazioni future”. Una collana che ho avuto il piacere di curare fino al XIV volume e che si è avvalsa della collaborazione di studiosi, di storici, di docenti universitari italiani e stranieri. Dal 2012, con la stampa dell’XI volume, la collana risulta gestita dalla “Fondazione Fedrigoni Fabriano-Storia-Scienza-Arte della Carta” (FFF), di cui la Pia Università dei Cartai è “Socio Ordinario”.
Sassi con le sue ricerche e con i suoi studi di storia della carta ha portato un valido contributo alla conoscenza di quella plurisecolare tradizione dei valori più autentici e peculiari di un passato che ha fatto di Fabriano la “città della carta” per antonomasia. Suo l’aforisma: La piccola storia locale s’intreccia e si fonde con quella più vasta della Nazione, ed il passato ha vita dal presente.
Articolo pubblicato dal settimanale fabrianese «L’Azione» del 5 marzo 2022 pag.24