La storia dai contorni leggendari di Margherita di Anselmo di Nicoluccio sembra conferire un’aura gloriosa alla figura femminile calata nel contesto della storia locale di Fabriano nella prima metà del XV secolo. Scopro questo spaccato di storia locale, sfogliando vecchi fascicoli del settimanale L’Azione, durante una ricerca sullo storico fabrianese Romualdo Sassi. Un suo articolo, Se Papa Nicolò V tornasse a Fabriano1, cattura la mia attenzione. Gli scritti settimanali del Sassi per il periodico cittadino sono ricchi di nozioni storiche, sempre sostenute da una serie autorevoli fonti. In due sole due colonne a mezza pagina, con estrema sintesi, lo storico snocciola i motivi che avrebbero suscitato il compiacimento e la lieta meraviglia di Nicolò V, in caso di ritorno nella Città della Carta a distanza di oltre cinquento anni. Ed ecco che scopro Margherita, la bellissima giovane di buone lettere.
Un altro motivo di lieta meraviglia, sarebbe per il dotto pontefice il trovare qui una fitta schiera di giovinette e anziane (Veneri e… viceversa) che sanno di grego e latino, non però in tal grado da emulare nella luingua di Cicerone quella bellissima ventenne Margherita, la quale (rara avis anche allora) mandata come oratrice a Nicolò V dal Comune, avrebbe placato con una magnifica orazione latina l’ira del papa contro i nostri padri coscritti, per non aver combattuto la setta dei Fraticelli che egli era venuto per estirpare, e si sarebbe giuadagnata dal Munifico Mecenate la dote di mille scudi d’oro2.
Dalla curiosità alla ricerca delle fonti il passo è breve. Alla prima fonte fa cenno lo stesso Sassi in calce all’articolo: “d’altra parte il fatto è narrato appena cento anni dopo da Giovanni Andrea Gilio, scrittore coscienzioso ed incapace di inventare, il quale può averlo raccolto dalla voce di chi poteva averlo ascoltato da testimoni contemporanei3”.
Saranno molti i riferimenti successivi, raccolti nella pubblicazione Documenti sul soggiorno a Fabriano di Nicolò V4, curato dal Sassi nel 1955. Il primo, già anticipato, è del 1564. Giovanni Andrea Gilio da Fabriano, canonico di San Venanzio, in seguito ritirato nell’Eremo di Suavicino, nel Discorso sopre la Città, L’Vrbe, Colonia, Municipio, & c. dà notizie di “Margarita di Anselmo (Piergiovanni?) di Nicoluccio”. La paragona all’oratrice romana Hortensia, passata alla storia come una delle prime donne avvocato grazie all’orazione davanti ai Triumviri nel 42 a. C.
Al tempo di papa Nicola fu una giovinetta di forse ventanni non maritata, la quale, essendo venuto il Papa in Fabriano per esser certi frati di S. Francesco conventuali macchiati dell’heresia dei Fraticelli dell’opinione, e perché la Comunità non avea fatto sforzo alcuno di frenare quei Baccanali, S. S. se ne era sdegnato in modo che l’avea condannata in grossa somma di denari, il che parendo ai cittadini grave, cercavano con ogni istanza di placare il Papa, e per il miglior modo vi fu menata la sopra detta giovine, bella, garbata, civile, dotta e forse non meno eloquente che si fusse Hortensia figliuola di T. Hortensio… Costei dunque, venuta avanti al Papa, fece un’orazione latina sì bella e con tanto spirito, che il Papa non solo gli rimise la pena, ma donò a lei per dote o mille fiorini o mille scudi; e di più detto Pontefice fece assai favore al padre di lei che Anselmo si chiamava5.
Con maggiore sintesi, ma non con minore enfasi, nel 1627 Domenico Scevolini – padre domenicano dell’ordine dei predicatori – narra la vicenda nel manoscritto Della nobilissima historia fabrianese. “Margarita figliuola di Piergiovanni di Nicoluccio, diede grandissimo splendore a Fabriano al tempo di Nicolò quinto: la cui fama non è per vedere mai sera finché rimarranno in vita alcuni segni dell’ingegno suo, il quale non solam.te pareggia quelli ch’i già ho raccontato, ma forse li trapassa ancora. Vero è ch’ella non ebbe vena di poesia volgare, ma tutta alle lettere latine involta e rivolta col pensiero. Era (dirrò poche parole) grandissima e famosis.ma oratrice6” (fig. 4).
È del XVI secolo (con datazione incerta) il manoscritto Memorie storiche fabrianesi, nel quale Vincenzo Lori – secondo il Colucci persona versatissima nella Storia e molto intesa nella facoltà Poetica – ricostruisce la prima parte della celebre orazione.
Margarita figliuola di Piergiovanni diede grandissimo splendore a Fabriano a tempo di p.p. Nicolò V quando d.o Papa venne a Fabriano Tanno 1449 per l’inquisizione de Fraticelli. Costei eletta dalla Comunità andò a recitare l’infrascritta oratione quale comincia: «Poterant sane Fabrianenses, Nicolae V pontifex maxime, qualm plures ad id munus, quo me huc renitentem compulerunt, elegantia orationis et rerum experientia longe superiores erigere. Verum neminem eis visum est ad sedandum animi tui impetum ob imprimi…». E in questa oratione meritò la presente risposta: «Rem publicam fovebimus, diligimus, extollemus». E l’osservò molto largamente et oltre a molti altri benefitii edificossi la loggia di S. Francesco in la piazza. Et a lei donò mille scudi e molte volte se la faceva venire avanti a ragionare e disputare col Poggio fiorentino, homo doctissimo. Morse di 20 anni7.
(fig. 2)
La versione dal latino recita così: i fabrianesi potevano certamente scegliere, durante il pontificato di Nicola V, i più numerosi per quell’incarico, per cui mi obbligarono a questo, nonostante mi opponessi, e (scegliere) quelli di gran lunga più importanti per eleganza dell’orazione ed esperienza. In verità a loro sembra che nessuno faccia placare l’impeto del tuo animo a causa del tradimento. Mentre la risposta si può leggere così: Sosterremo, ameremo ed esalteremo la Repubblica.
Nel diciassettessimo tomo del celebre De Antichità Picene dell’Abate Giuseppe Colucci, Margarita viene menzionata dal Lancelotti tra gli “Uomini illustri di Fabriano”. Unica donna tra i 67 “illustri”. Il suo nome, come una margherita in un un prato verde, spicca tra tutti. Una prima inter pares di genere che conferisce ulteriore luce alla figura dalla giovane Hortensia fabrianese.
Margherita Niccolini figlia di Anselmo diede grandissimo splendore a Fabriano al tempo di Nicolò V, poiché dottissima in lettere latine orò in Fabriano avanti il detto Pontefice l’anno 1449; e mitigò l’ira di quel Pontefice, che era contro de’ Fabrianesi fortemente irritato per essere stati adesivi alla Setta dei Fraticelli. Perdonò, mercé costei, ad essi i loro falli e la regalò di mille scudi dopo averla sentita disputare più’volte in filosofia col Poggio, uomo dottissimo. Morì d’anni 20 con fama di singolar dottrina…8 (fig. 3)
Nel XVIII secolo il Canonico Costanzo Gilii e Silvestro Guerrieri scrivono l’importante manoscritto Memorie storiche di Fabriano, dove si fa riferimento alla giovine fabrianese e alle sue qualità oratorie.
Margarita figliuola di Anselmo di Niccolino diede grandissimo splendore a Fabriano a tempo di Niccolò V, poiché dottissima di lettere latine, solo si applicava alla lettura de’ più famosi scrittori; e con la venuta di d.o Pontefice in Fabriano del 1449 per castigare li contumaci della setta de’ Fraticelli, avendo pigliato malanimo contro il pubblico per non aver proibito il consorzio di quell’empia adunanza, la Repubblica elesse per questo Margarita, acciocché con la sua eloquenza mitigasse le ire del Pontefice; onde con stupenda eloquenza fece un’erudita orazione latina, che mosse la Santità sua a beneficar la Patria e far largo dono alla med.a di scudi mille con farla disputare spesso di filosofia con il Poggio, dottissimo in quei tempi. Morì costei di anni 20, avendo dato gran saggio della sua eloquenza e dottrina. Viene riferito da Gio. Andrea Gilio ne’ suoi dialoghi e dall’Agevolini (sic)9.
(fig. 5)
Torniamo a Romualdo Sassi, che chiude idealmente il cerchio del racconto di questa vicenda. Nel secondo dopoguerra era solito riproporre su L’Azione riletture di articoli pubblicati per il mensile La cronaca religiosa di Fabriano nei primi anni del novecento. Nel maggio 1909, infatti, lo storico fabrianese vi racconta la vicenda di Margherita con un esaustivo e particolareggiato racconto dal titolo Una donna fabrianese benemerita della patria10, dal quale riprenderà spunto quarantasei anni dopo nell’articolo Se Nicolò V tornasse a Fabriano. Un racconto lungo e dettagliato, che invito a leggere integralmente, mentre di seguito citerò due brevi passi.
Narrano le antiche cronache: l’anno 1449 papa Nicolò V. per dirigere più da vicino egli stesso la lotta contro l’eresia dei Fraticelli, diffusissima nella parte montana della Marca d’Ancona e ugualmente pericolosa alla purezza della fede come alla sicurezza dello Stato, prese stanza insieme con molti cardinali e prelati a Fabriano […] Con grandi onori l’accolsero i Fabrianesi, non avvezzi agli splendori della corte pontificia: due archi di triónfo, l’uno presso la Porta Pisana, l’altro all’ingresso della piazza dei Priori11.
Narrato il rogo dei dodici Fraticelli in piazza, di cui “tre giorni durò per la città il fetore dei corpi arsi12”, da cruento, il racconto assume contorni più morbidi con sfumature auliche e leggiadre, come in un ideale ascesa dall’Inferno al Paradiso di Dante, senza passare per il Purgatorio.
Fabriano racchiudeva allora nelle sue mura una gemma preziosa, che avrebbe ammollito il cuore più tenace nell’ira. Era una giovinetta appena ventenne, di rara bellezza, nutrita di forti studi, eccellente soprattutto nell’arte del dire; alle doti fisiche e morali s’adattava meravigliosamente il nome, olezzante di fiori primaverili: Margherita. […] E comparve la timida giovinetta, più bella nel vago rossore che le tingeva il viso, dinanzi alla severa maestà del Vicario di Cristo; e con voce prima velata dallo sbigottimento, poi a grado a grado più franca e più coraggiosa recitò in difesa della sua città una magnifica orazione latina13.
Storia o leggenda? Nonostante diversi documenti narrino la vicenda con maggiore o minore dovizia di particolari, alcuni dubbi e contraddizioni emergono. Perché non esiste un prima né un poi per Margherita? Secondo la tradizione degli Antichi Greci “muore giovane chi è caro agli dei”, come forma consolatoria per un dolore troppo grande da poter essere compreso dalla ragione. Ed è così – sempre secondo gli Antichi Greci – che si crea un legame indissolubile tra sacralità e giovinezza. Quindi Margherita, ventenne al momento dell’orazione, cara a Dio e al suo vicario, muore ventenne, non appena assolto il suo “sacro” ruolo di salvatrice del popolo fabrianese, macchiato di eretica complicità. Come nella concezione stilnovista, anche in questo caso la figura femminile si eleva fino alla condizione di donna-angelo, intermediaria tra uomo e dio per la salvezza dell’uomo.
È possibile considerare questa vicenda come un primo spiraglio verso il riconoscimento di un ruolo della donna già nel XV secolo? Si può con certezza asserire di no. Un’autorevole risposta ce la dà la medievista Chiara Frugoni nel suo ultimo libro Donne medievali. Sole, indomite, avventurose, un notevole saggio di storia sociale del Medioevo. Sfogliandolo, trovo questo bellissimo incipit.
L’assenza femminile nei libri di storia è deplorata ancora alla fine dell’Ottocento da una dama che conversa con un’amica sulle reciproche letture preferite: «In ogni pagina papa e re che litigano, pestilenze, gli uomini che sono tutti buoni a nulla e di donne non si parla mai». […]
Alla moglie, nella società feudale, si chiedeva soltanto di essere prolifica. Rimaneva un’estranea in un gruppo famigliare che accogliendola, la dominava e sorvegliava, ma anche l’avrebbe rimandata alla famiglia di origine di fronte alla possibilità di un’altra sposa più ricca o più nobile. Una famosa battuta di Alberto Sordi si riallaccia con un volo di secoli al Medioevo: a chi gli chiedeva per quale ragione non si fosse mai sposato rispondeva: «E che so’ matto? Me metto n’estranea dentro casa?»14.
Così, il racconto di Margherita attraverso le fonti storiche, non ha pretesa di risollevare la figura della donna da millenni di marginalizzazione, ma più semplicemente vuole portare uno spiraglio di luce femminile in un’oscura vicenda del Medioevo fabrianese, dove gli affari di Chiesa e di Stato, si sa, sono notoriamente affari per uomini.
Giuseppe De Angelis