DIBATTITO SUL PRIMATO DELL’ORIGINE DELLA CARTA OCCIDENTALE TRA LE MARCHE E L’UMBRIA
Premetto che le mie argomentazioni non sono basate su competenze professionali in materia, ma derivano dall’interesse a conoscere le vicende che la carta ha fatto registrare in epoca medievale; in particolare lo sviluppo della sua produzione quando il manufatto, introdotto dagli Arabi in Italia, consegue l’impronta innovativa che dette corso al periodo definito italico-occidentale. Non si può stabilire con certezza quando e dove sia avvenuto il passaggio dal precedente periodo arabo-italiano, ma è appurato che il cambiamento avvenne negli ultimi decenni del XIII secolo, quando fu introdotto un nuovo metodo di lavorazione della carta rispetto a quello arabo.
Leggendo quanto è stato scritto su questo argomento, ho cercato di capire gli estremi della diatriba tra le località umbro-marchigiane (Fabriano, Pioraco, Foligno) che si contendono il primato sull’origine delle loro cartiere, aggiungendo notizie attinenti l’altra regione centrale, la Toscana, che ha anch’essa rilevanza nella storia della cartiere medievali.
Gli esordi della manifattura cartaria in Toscana sono stati caratterizzati “dall’ormai acquisito primato tecnologico di Fabriano”. Questo si legge nella documentata relazione di Renzo Sabbatini negli Atti del convegno di Camerino 2013 “L’apparizione della carta in Toscana, la circolazione e le prime cartiere”.
Il centro cartario di Colle val D’Elsa vive la sua fase fondativa nei primi decenni del trecento, segnata dalla presenza di maestri fabrianesi. La seconda cartiera di Prato è sorta nel 1371 ad opera del maestro cartaio Pietro da Fabriano. La produzione della carta nel territorio lucchese nel corso del 1300 è caratterizzata dalle conoscenze apprese dalle maestranze di Fabriano e di Colle val d’Elsa.
Ritengo si possa concludere che le cartiere medievali toscane si siano sviluppate ed affermate nel XIV secolo, quindi dopo che nelle Marche era stato avviato il nuovo processo di produzione.
Da un esteso articolo di Luigi Mattioli (Gazzetta di Foligno 1997) dedicato alle cartiere di Pale, si apprende che nel XIII secolo lungo la valle del fiume Menotre erano dislocate molte gualchiere per la lavorazione dei panni. Nella seconda metà del secolo i monaci Benedettini dell’Abbazia di Sassovivo ne possedevano due.
Michele Faloci Pulignani nella monografia “Le antiche cartiere di Foligno” del 1909, tendendo a stabilire un primato cronologico della carta di Foligno su quella di Fabriano, affermò che si trattava di gualchiere per la lavorazione della carta. Nella sua relazione ampiamente documentata (Atti di Camerino “L’Umbria cartaria – una realtà periferica”) Fabio Bettoni riferisce che Faloci Pulignani costruì il presunto primato cartario di Foligno rispetto a Fabriano su una gualchiera attestata al 1256 “la cui destinazione bambagina non era minimamente indicata”. In base alle sue ricerche lo stesso Autore ritiene che la gualchiera di Pale presso Foligno risalga agli anni tra il 1332 e il 1340. Anche Bruno Marinelli nella sua pubblicazione “Carta e cartiere nelle Marche e nell’Umbria” sostiene con certezza che i monaci benedettini abbiano convertito in opifici per la carta le gualchiere per i panni nei primi decenni dl XIV secolo.
Nell’Umbria quindi, come in Toscana, le cartiere hanno cominciato a lavorare nella prima metà del XIV secolo, dopo che nelle Marche erano state messe in atto le nuove tecniche di fabbricazione. Questo rilievo trova conferma indirettamente dal fatto che l’Umbria, confinante con la Toscana, non ha esportato nelle cartiere di questa regione maestri cartai già esperti delle nuove procedure, i maestri cartai i cui nomi sono ripetutamente citati all’origine delle cartiere di Colle val d’Elsa, Prato, Lucca.
Le origini e lo sviluppo della fabbricazione della carta a Pioraco si possono dedurre dalla pubblicazione di don Terzo Mataloni “Prolaqueum romano religioso – 1957”. Egli scrive che Federigo Melis, in base ai suoi studi condotti negli anni sessanta del 1900 presso l’archivio Datini di Prato, ha evidenziato ed apprezzato le lontane origini dell’arte cartaria nel Comune di Pioraco.
Alfredo Capponi “Pioraco il paese della carta-1990” riferisce che eventi bellici e alcuni calamità non hanno permesso la conservazione di materiale storico e di archivio riguardante il comune e la cartiera. Riporta però le ricerche condotte dall’ingegnere Osvaldo Emery, autore di una breve storia della carta in Italia (Annunciatore poligrafico – 1980) in cui si legge “Negli archivi delle città marchigiane sono conservati antichi documenti (Camerino 1264, Osimo 1273, Arcevia 1285) su carta presumibilmente di Fabriano, in quanto bisogna giungere alla metà del XIV secolo per trovare altri centri cartari della regione”. In mancanza di informazioni certe L’Autore in base alle sue argomentazioni ipotizza che la lavorazione della carta a Pioraco ebbe inizio tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300.
Sul fronte della carta prodotta nel medioevo a Fabriano Andrea Gasparinetti, in base ai suoi approfonditi studi, sostiene che questa città possa essere considerata il centro dal quale si è irradiata in Europa la fabbricazione della carta “perfezionata con arte nuova”.
Nella relazione al convegno di Camerino del 2013 “Le origini della carta occidentale nelle valli appenniniche delle Marche centrali da una indagine archivistica” di Giancarlo Castagnari, altro emerito storico fabrianese, si avverte la ponderata prudenza del ricercatore.
Infatti scrive che il processo evolutivo della carta occidentale inizia nei primi anni della seconda metà del XIII secolo e si prolunga per alcuni decenni. È un arco cronologico denso di incertezze che non consente di stabilire con precisione quando e dove si sia cominciato a produrre carta qualitativamente diversa da quella araba; una nuova carta che s’impose nel mercato per la garanzia della durevolezza e per la migliore impermeabilità agli inchiostri. Tuttavia anche lui, come Gasparinetti, ritiene che la carta occidentale abbia origine a Fabriano poco tempo dopo la metà del XIII secolo e che da Fabriano si sia diffusa in Italia e in Europa.
Conclusioni.
Il contenzioso sul primato delle innovazioni metodologiche è sorto tra i centri cartari più antichi perché non è dato stabilire con certezza quando e dove sia avvenuto il nuovo processo fabbricativo.
Limitando le mie considerazioni alle tre regioni dell’Italia centrale che ho preso in esame, da quanto ho potuto apprendere, ritengo che il dibattito si possa contenere sul fronte marchigiano, perché sia in Umbria che in Toscana l’origine accertata delle prime cartiere risale alla prima metà del XIV secolo.
Questa opinione è avvalorata dalla relazione di Emanuela Di Stefano negli Atti del convegno di Camerino -2013 “Proiezione europea e mediterranea della carta di Camerino-Pioraco e di Fabriano all’apogeo dello sviluppo medievale nei secoli XIV e XV”.
L’articolo, basato sullo studio della documentazione conservata nell’Archivio Datini di Prato, è incentrato sui commerci della carta prodotta dai “due poli marchigiani” e si conclude evidenziando “la leadership camerte-fabrianese” Devo dire però che non mi hanno convinto le motivazioni addotte per spiegare l’abbinamento di Camerino e Pioraco. A quanto mi risulta Camerino non ha avuto stabilimenti cartari in epoca medievale, mentre le cartiere dislocate a Pioraco hanno sempre avuto una propria identificazione, corrispondente al Comune in cui fin da allora sono state sempre ubicate.
Al di là delle ipotesi e delle enunciazioni più o meno corrette sulle origini della nuova produzione cartaria, che tuttora alimentano campanilistici primati, è inconfutabile sostenere che l’apogeo della carta prodotta nelle Marche è stato raggiunto quando nei due secoli trascorsi si è creato “il polo Fabriano-Pioraco” sotto l’egida della famiglia Miliani.
Appendice.
Con riferimento al polo marchigiano della produzione cartaria, che tuttora unisce le cartiere di Fabriano e di Pioraco, voglio ricordare un libro scritto da Anna Maria Eustacchi Nardi in forma di diario, un diario ricco di sentimenti e di storia vissuta: La voce delle memorie mai perdute.
L’autrice è figlia di Amleto Eustacchi che negli anni ’40 del secolo scorso era direttore della cartiera Miliani di Pioraco, dove ricopriva la carica di Podestà.
Il diario inizia nell’estate 1943 quando Anna Maria, insieme alla sorella Elena, ritorna a Pioraco, avendo lasciato Roma al termine dell’anno accademico. I giorni di quella che sarebbe potuto essere una vacanza tranquilla sono funestati dagli eventi della guerra in corso.
Trascorsa l’estate, a Roma l’Università non riapre per il passaggio del fronte in Italia. Giungono le feste natalizie rattristate dalla penuria di generi alimentari, dal suono assillante delle sirene di allarme, dal panico per l’oppressione delle milizie nazi-fasciste, dal raccapriccio per le rappresaglie e i loro efferati eccidi.
Trascorso il Capodanno nel diario è registrato il giorno del primo bombardamento di Fabriano, dove tra le decine di vittime ci sono anche i nonni e le zie di Anna Maria, morti sotto le macerie del loro albergo Campana.
Gli eventi bellici si susseguono. Anche le festività pasquali passano con ristrettezze e trepidazioni. Il diario si conclude nel luglio 1944, dopo il passaggio del fronte bellico.
A Pioraco il Comitato di liberazione chiede a Eustacchi Amleto di rimanere in carica come primo cittadino ricoprendo la carica di Sindaco.
Inizia una nuova epoca di cambiamenti e di ricostruzione, in cui le vacanze saranno di nuovo giorni lieti.
L’articolo è stato pubblicato su L’Azione del 25 dicembre 2021
L’appendice è tratta dall’articolo pubblicato su L’Azione del 5 settembre 2020
Sandro Boccadoro