di Morena Torreggiani
Un piccolo museo, una narrazione particolare di un’esperienza letteralmente straordinaria tutta al femminile, un piccolo paese medioevale che non vuole perdere le sue radici, una comunità civile che ha a cuore la conservazione di tutto quello che documenta la sua storia.
Questa breve premessa può rappresentare il senso del Museo delle Arti Monastiche Le stanze del tempo sospeso.
Il Museo ha sede a Serra de’ Conti (AN), piccolo comune che si affaccia sulla valle del Misa, con un centro storico medioevale ben conservato. All’ingresso del paese, si affaccia sulla piazza, il monumento più importante di tutto il centro storico: il monastero di S. Maria Maddalena. Conventi e monasteri sono molto presenti in tutti i paesi, soprattutto dell’Italia centrale, ma nel nostro piccolo borgo il Monastero sembra quasi sproporzionato, per la sua maestosità, rispetto agli altri edifici e rispetto allo stesso centro storico. Altra particolarità è senz’altro quella della presenza, praticamente ininterrotta per cinque secoli, di una comunità monastica femminile francescana claustrale: le Clarisse.
L’ideazione del Museo si deve alla storica dell’arte Amelia Mariotti Puerini che, resasi conto della particolarità, varietà e quantità della collezione di oggetti presenti nel Monastero che non ha subito spoliazioni, ha sollecitato l’Amministrazione comunale a valorizzare il patrimonio che era racchiuso nelle stanze della clausura[1]. Dopo varie vicende, nel 2002, il Museo è stato aperto al pubblico e oggi si possono ammirare gli utensili di uso quotidiano che descrivono il mondo claustrale che normalmente è celato[2]. Il monachesimo femminile infatti non ha avuto le stesse attenzioni di quello maschile da parte del mondo della cultura e degli storici. Le motivazioni sono molte, non ultimo il fatto che sono pochi i documenti scritti visto che alle monache veniva fatto divieto di scrivere e di parlare “il silenzio rappresentava una condizione naturale per coloro che si immolavano a Dio pregando per i comuni mortali”[3], ma questo non ha impedito comunque una fioritura di testi che documentano come i monasteri siano stati spesso luoghi di emancipazione culturale, per le donne[4].
Il Museo testimonia di una sapienza femminile che si è esplicata soprattutto nell’arte culinaria, nella tessitura, nel ricamo, nell’artigianato artistico (statue in ceroplastica e fiori di seta), nella preparazione di prodotti erboristici e farmaceutici. Queste attività hanno permesso un forte contatto con la comunità locale che scambiava con le monache prodotti di vario genere come prodotti di pasticceria, corredi, arredi sacri, prodotti farmaceutici, ortaggi. Nell’archivio sono inoltre documentate le altre attività svolte dalle monache, come l’educandato per le ragazze che oltre ai lavori di tessitura e ricamo, prevedeva anche il canto e le rappresentazioni teatrali. Tutte queste attività sono inserite all’interno della giornata monastica che prevede molti momenti dedicati alla preghiera, il tempo del lavoro e il tempo della preghiera sono ben scanditi e ad ognuno è dato adeguato spazio: il tempo del lavoro si sospende e si lascia spazio al tempo della preghiera, in un alternarsi di momenti che lascia sospeso qualche lavoro che viene lasciato in attesa che qualcun altro lo porti a termine. A chi visita il museo viene proposto un percorso audio guidato che invita ad attraversare la soglia della clausura e ad immergersi in questo mondo parallelo pieno di storie di persone che hanno vissuto la loro vita all’insegna della cura e di cui “la gratuità è l’anima del loro servizio alla collettività”[5]. Il Museo può offrire la possibilità di una riflessione sull’umanizzazione del lavoro che parta dal valore del servizio e del dono. Un museo quindi a servizio del territorio per riscoprire quello lo caratterizza.
[1] V.Zega (a cura di ), Monastero di S. Maria Maddalena di Serra de’ Conti: inventario d’archivio. Istituto Religiosità Popolare, ed. 2003;
[2] P.Donadi, Amelia Mariotti Puerini (a cura di), Oltre le mura. I monasteri femminili e la comunità. Atti del convegno, Serra de’ Conti 2010;
[3] S.Evangelisti, Storia delle Monache, Il Mulino ed. 2012, p.72;
[4] Ibid., p.73
[5] G.Zarri (a cura di), Il monachesimo femminile in Italia dall’alto medioevo al secolo XVII, Gabrielli Editore 1997; articolo di Marcella Farina, p.444